La promessa di tremonti: "Meno tasse in tre anni senza toccare il Welfare"

Tre anni di tempo per abbassare la pressione fiscale. È questo in sintesi il progetto del ministro dell’Economia, annunciato ieri dalle colonne del Sole24Ore. Da qui al 2013 ci sono tre anni "di tregua elettorale", spiega: "Sarà questo il periodo adatto per fare la riforma delle riforme, quella del fisco"

Tre anni di tempo per abbassare la pressione fiscale. È questo in sintesi il progetto del ministro dell’Economia Giulio Tremonti, annunciato ieri dalle colonne del Sole24Ore. Da qui al 2013 ci sono tre anni «di tregua elettorale», spiega il titolare di Via XX Settembre: «Sarà questo il periodo adatto per fare la “riforma delle riforme”, quella del fisco».
Nessun accenno alle due aliquote ipotizzate nei giorni scorsi (23% fino a 100mila euro, 33% oltre questo tetto), ma un ragionamento in generale sul «caso» Irpef: un’imposta, ha spiegato Tremonti, intorno alla quale gravitano tre forme di prelievo (l’imposta base e le due addizionali), quattro modalità di tassazione (ordinaria, sostitutiva, separata, abbattuta), sei categorie di reddito più la no tax area (oggi a 7.500 euro), cinque scaglioni di aliquote e soprattutto ben «134 forme di riduzione tra cui 18 deduzioni, 39 detrazioni, 31 crediti di imposta, 46 tra esenzioni e agevolazioni». Un sottobosco «che per i cittadini resta misterioso e odioso - sottolinea il ministro - e questo fa crescere la sfiducia verso lo Stato». Non è detto che si debba aspettare tre anni per pagare meno tasse: «Non escludo - ha aggiunto Tremonti - che nel tempo a venire si possano aprire finestre di opportunità per riduzioni fiscali ma queste devono essere sottoposte al vincolo della disciplina del bilancio. È certo - è la promessa del ministro - che gli effetti della ripresa dell’economia, della riduzione della spesa pubblica e del contrasto dell’evasione fiscale saranno, a partire dal federalismo fiscale, destinati alla riduzione delle tasse». Parole che sono piaciute al ministro leghista alla Semplificazione Roberto Calderoli: «Condivido pienamente il piano Tremonti sul fisco perché coincide con quello della Lega Nord, è nel contratto elettorale che abbiamo sottoscritto con il Paese. E i contratti vanno rispettati entro la fine della legislatura».
La questione di fondo è sempre la stessa: per ridurre le tasse bisogna contestualmente abbassare la spesa pubblica che il fisco finanzia, senza gravare sui conti pubblici. E di conseguenza c’è il rischio che un taglio generalizzato «da 20-30 miliardi di euro» anziché innescare un calo «ugualmente virtuoso e simmetrico della spesa» comporti quello che il ministro definisce «la macelleria sociale del taglio alla sanità». Dunque, o si «affama la bestia della spesa pubblica», come da anni ripetono i liberisti sul Giornale o si rischia di smontare il welfare e appesantire i conti dello Stato per dare qualche euro in più. Niente fretta, dunque: per la «riforma delle riforme», conclude Tremonti, l’Italia ha bisogno di un ragionamento serio sul fisco, lontano dalle speculazioni elettorali, non di un «avventurismo demenziale». In questo è essenziale che «la politica prevalga sui tecnici, come ha dimostrato il presidente Usa Barack Obama, che a me ricorda un po’ Robin Hood. E io, come si sa dai tempi di Parmalat, sto con Robin Hood».
La risposta del Pd è affidata a Stefano Fassina, responsabile democrat di Economia e Lavoro: «È una lenzuolata autocelebrativa, non c’è una misura che non si affidi passivamente alla ripresa globale». Cisl e Uil aprono all’idea, ma non sono dello stesso tenore le dichiarazioni del segretario confederale Cgil Agostino Megale: «Tremonti non ha alcuna intenzione di ridurre le tasse ai lavoratori, né ora né mai».
Ma qual è il fulcro al quale appoggiarsi per abbassare la leva fiscale? Ragionare sull’«autofinanziamento» della riforma al suo interno, cioè riuscire a spostare il prelievo «dalle persone alle cose» senza per questo stravolgere l’equilibrio dei conti pubblici. La crisi economica ha inciso negativamente sui principali indicatori macroeconomici: prodotto interno lordo, gettito fiscale, deficit e debito pubblico. Il pil ha perso un punto nel 2008 e cinque nel 2009, mentre per il 2009 Tremonti prevede un importante +1% su base annua. In termini di gettito si è registrato un calo tra i 12 e i 15 miliardi (solo in parte compensati dallo scudo fiscale) mentre il debito sul Pil è cresciuto enormemente, dal 103,5% al 116/118% stimato nell’anno in corso.

E su questo aspetto Tremonti ha insistito particolarmente: «La quadratura tra entrate e uscite ha prodotto un deficit addizionale che ci costerà all’anno 8 miliardi di spesa per interessi in più sul debito. Chi parla in assoluto di riduzione delle tasse dovrebbe saperlo». A Pd e Cgil fischiano le orecchie...
felice.manti@ilgiornale.it

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