La scaramuccia è finita, ma la guerra vera è solo allinizio. E Gaza rischia di diventarne la nuova Danzica. Dopo labbordaggio della Rachel Corrie, ultimo bastimento pacifista diretto verso la Striscia, sullasse Gerusalemme-Gaza-Ankara non si profila un futuro facile. Apparentemente ieri tutto è filato liscio.
La marina israeliana ha abbordato la Rachel Corrie alle prime luci dellalba e - a differenza di lunedì mattina - non ha trovato alcuna resistenza. Così il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha potuto rimarcare la distanza tra pacifisti veri e pacifisti travestiti: «Oggi abbiamo visto la differenza». Parole seguite dallimpegno dellesercito a trasferire a Gaza gli aiuti scaricati dalla Rachel Corrie nel porto israeliano di Ashdod.
Dietro lapparente lieto fine covano però la crisi dei rapporti tra Israele e Turchia, una deriva islamista che il governo di Ankara non sembra voler arginare e una politica turca ispirata a un crescente nazional islamismo. Questultimo elemento sembra la cartina di tornasole per comprendere le mosse di Erdogan. Il premier turco secondo alcune fonti starebbe pensando dimbarcarsi personalmente su una nuova flottiglia per sostenere - anche con lausilio delle proprie navi da guerra - la necessita dinfrangere lembargo da Gaza. Uno scenario da brivido che evoca limmagine di una flotta guidata dal premier di un paese Nato pronta, nel nome di Gaza, a cannoneggiarsi con quella israeliana.
Uno scenario a cui saggiungono le dichiarazioni dal Libano del segretario di Hezbollah Hassan Nasrallah, pronto ad elogiare il «terremoto» che squassa le relazioni tra Israele e Turchia e minaccia di far cadere il blocco di Gaza. Ad amplificare quel «terremoto» contribuiscono gli ambigui ammiccamenti di Erdogan allIran.
Dopo aver guidato con il Brasile una mediazione sul nucleare che rischiava di bloccare le nuove sanzioni auspicate dallOccidente il premier turco si prepara ora ad accogliere la visita ufficiale del presidente Mahmoud Ahmadinejad. Il premier turco è dunque il sapiente demiurgo di una serie di terremoti geopolitici e strategici che potrebbero spingere Stati Uniti, Unione Europea e Nato a far pressioni su Israele per cancellare lembargo. Il cedimento israeliano consegnerebbe alla Turchia una vittoria epocale e rappresenterebbe la prima tappa verso quel traguardo evocato ufficialmente lo scorso 5 ottobre quando Erdogan annunciò di perseguire la «restaurazione dellimpero». Il premier in verità sogna un ruolo da «Grande Visir» sin dalla clamorosa vittoria elettorale del 2003. A quel tempo non può certo permettersi dammetterlo esplicitamente. A quel tempo sa bene quanto potenti siano ancora magistratura ed esercito, le due istituzioni cardine della Turchia laica e kemalista.
Nel 98 quando da sindaco dIstanbul ha declamato pubblicamente il poema che recita «Le moschee sono le nostre caserme, le cupole i nostri elmetti, i minareti le nostre baionette...» generali e magistrati lo hanno immediatamente sbattuto in prigione. Così per qualche anno dopo la salita al potere Erdogan dialoga con lEuropa, si cuce addosso unimmagine moderata e lavora sul fronte interno per promuove la carriera di generali e giudici a lui più vicini. La prudente operazione di consolidamento interno dura fino al vertice di Davos del gennaio 2009 quando Erdogan approfitta delloffensiva israeliana su Gaza per attaccare il presidente Shimon Peres e avviare un brusco mutamento di rotta nei confronti dIsraele. La scelta di trasformare Gaza nella Danzica della nuova politica di potenza turca non è casuale. Gaza è per le opinioni pubbliche mediorientali la ferita aperta che i cosiddetti regimi moderati come Arabia Saudita ed Egitto temono daffrontare per timore del contagio fondamentalista ispirato da un Hamas succube dellIran.
Nella visione di Erdogan una Turchia capace di trasformarsi nel nuovo padrino di Hamas e di strapparlo dallabbraccio di Teheran risolverebbe le paure del mondo arabo sunnita e restituirebbe ad Ankara quel ruolo di grande califfato svolto un tempo dallImpero Ottomano. La rottura con Israele, da sempre legata ai vertici laici delle forze armate gli consentirebbe inoltre di rafforzarsi ulteriormente sul fronte interno.
Da ieri dunque il risorto impero del Gran Vizir Erdogan tiene nel mirino la Danzica del Mediterraneo e si prepara, intanto, a riconquistare lintero Medioriente.
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