"Pronti a manifestare con chi paga le tasse assieme ai sindacati"

L’ex sottosegretario al Welfare Maurizio Sacconi: il nostro obiettivo è un "No-Tax day" che non sia rivolto soltanto al popolo delle partite Iva

"Pronti a manifestare con chi paga le tasse assieme ai sindacati"

da Roma

L’idea del leader della Cisl Raffaele Bonanni piace a Maurizio Sacconi. Un’alleanza tra chi paga le tasse che per una volta veda insieme lavoratori dipendenti e gli autonomi soggetti agli studi di settore è giusta. E l’esito, secondo l’esponente di Forza Italia, dovrebbe essere un no tax day, diverso dal precedente promosso dal centrodestra, rivolto praticamente solo alle partite Iva. Questa volta l’obiettivo deve essere quello di fare aumentare i salari.
In realtà la polemica è tutta sugli studi di settore. Cosa c’entrano i salari?
«Io vedo che sta salendo la protesta. E non solo quella per gli indici di normalità applicati retroattivamente agli studi di settore relativi al 2006. C’è un disagio crescente anche nel lavoro dipendente. E la battuta di Bonanni è importate perché si ipotizza un’alleanza tra tutti coloro che pagano le tasse, il superamento della divisione tra autonomi e dipendente, per arrivare a un fisco che premi il merito, la produttività e il profitto. E siccome mi sembra che il governo sia sordo di fronte a queste cose, credo sarebbe giusto fare un no-tax day, che non sia limitato solo alle partite Iva».
È un invito rivolto ai sindacati?
«In questa fase è giusto che a sollevare la questione e a prendere iniziative siano le organizzazioni rappresentative dei lavori. Con l’avvertenza che, se non lo faranno, potrebbe essere la politica a raccogliere questa domanda che ormai viene anche dal lavoro dipendente».
È sicuro che accettino? Più o meno tutti, compresa la Cgil, denunciano la stangata fiscale per i dipendenti, ma una manifestazione a fianco degli autonomi e, magari, le piccole imprese, è un’altra cosa...
«La Cgil ha sempre negato l’idea di una detassazione delle parti variabili della retribuzione. Ed è ostile alle componenti aziendali del salario, ad una contrattazione di secondo livello che sia in qualche modo alternativa a quella centralizzata. Questo perché in quel sindacato prevale un impianto egualitarista. Ma mi sembra che la Cisl abbia cominciato a raccogliere questo tipo di sollecitazione. Certo, per ora non al punto di ipotizzare un no-tax day».
I sindacati per il momento si stanno misurando con la proposta di detassare gli straordinari...
«Che abbiamo lanciato noi per primi, estesa a tutte le parti variabili del salario. Compresi i premi, quindi. Perché oggi l’eccesso di progressività porta datori e lavoratori ad accordarsi per non dichiararli. Bisogna fare emergere questa parte di retribuzione e incoraggiare la collaborazione tra lavoratore e imprenditore».
Primogenitura a parte, lei non sta dicendo che questo governo ha messo in cantiere una riforma giusta?
«A me pare che questa, come i ripensamenti sugli studi di settore, siano solo annunci da ballottaggio».
Cioè alla fine non faranno niente?
«Sì. Basti pensare a che cosa hanno fatto con gli indici di normalità. Non sono stati concordati, sono stati definiti unilateralmente e applicati retroattivamente a un periodo fiscale che era già chiuso. Poi si sono rivelati anche starati. Il 60 per cento delle imprese ha detto che si ritiene sotto quelle soglie».
Però l’adesione è facoltativa.
«Comunque si inverte l’onere della prova. È un tentativo di stangata ottenuta con la logica del pizzo. Come dire al contribuente: anche se pensi non sia giusto pagare questa cifra, ti conviene farlo perché così il fisco ti lascia in pace. Non è questa la vita di una leale collaborazione tra contribuente e Stato. Su queste cose c’è una tensione fortissima anche all’interno dell’Ulivo. Quando il capo del partito al quale appartiene Vincenzo Visco arriva a esprimere dubbi, insieme a numerosi parlamentari della maggioranza, significa che qualcosa di serio non va».
Lei è vicino agli umori del Nordest. La sua non rischia di sembrare un’iniziativa più che altro utile alle piccole e medie imprese delle sue zone?
«Intanto la maggioranza dovrebbe fare bene i conti. Alle amministrative, a Conegliano veneto, i partiti di sinistra nel complesso hanno preso il 17 per cento.

A Belluno hanno perso 20 punti. Le tasse nel Nordest si pagano. Semmai ora, oltre alla questione fiscale, anche qui la domanda che sta crescendo è quella di fare crescere salari. E questo riguarda i lavoratori, non le imprese».

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