Cronaca locale

«Pronto soccorso, 8 volte su dieci chi ci va non ne ha vero bisogno»

Il direttore generale dell’assessorato, Lucchina: «Assalto ingiustificato, meglio aumentare i servizi a domicilio»

Marta Bravi

Grande soddisfazione ma anche autocritica e assunzione di impegni per il futuro. Queste le direttive del convegno «Evoluzione del modello sanitario in Lombardia: le aziende ospedaliere milanesi» ieri a Palazzo Marino. Punto di partenza l’eccellenza del modello sanitario lombardo, come è stato evidenziato dal rapporto dell’«Osservasalute2005» facendo riferimento all’allungamento della vita media e alla riduzione delle morti per tumore e per malattie cardiovascolari. Questo «grazie anche alla legge Sirchia, che sta facendo sentire i suoi effetti positivi» ha detto Luigi Casero, coordinatore cittadino di Forza Italia. «Occuparsi di salute - ha sottolineato l’ex ministro della Sanità - significa fare prevenzione, educare i cittadini a modificare i loro stili di vita, fare diagnosi precoce delle malattie».
L’alta qualità del servizio, ottenuta grazie anche alla legge regionale 31 che equipara strutture pubbliche e private, aumentando la concorrenza e costringendo le aziende ospedaliere a fare sempre meglio, come è stato sottolineato più volte nel corso dei lavori, deve fare i conti con un budget piuttosto limitato. «La Regione - ha detto MariaStella Gelmini, coordinatrice regionale di Forza Italia - riceve dallo Stato il 4% del Pil prodotto, destinando alla solidarietà verso le altre regioni ben il 2%». «Due sono gli aspetti in cui la sanità lombarda può migliorare - ha ammesso Guido Podestà, commissario provinciale di Forza Italia -: il sottoutilizzo delle strutture, operative solo 6 ore al giorno, e la sospensione del bilancio. Il 75% delle risorse regionali viene speso in Sanità, che sempre più spesso deve soddisfare la domanda extraregionale o extranazionale. Questo aspetto, pur costituendo un vanto per la regione, rappresenta anche un problema dal momento che i rimborsi arrivano in ritardo, quando arrivano».
Il problema delle liste d’attesa è aggravato ulteriormente dalla fidelizzazione dei cittadini: quando prenotano una visita, infatti, pretendono di andare solo in un certo ospedale «intasando» inutilmente le liste. È necessario far capire ai milanesi che i sette ospedali della città hanno raggiunto gli stessi standard. Altro problema «l’assalto» al pronto soccorso. Carlo Lucchina, direttore generale dell’assessorato alla Sanità, ha spiegato che «l’80% delle persone non dovrebbe andare al pronto soccorso. L’ideale sarebbe spostare l’assistenza fuori, aumentando i servizi a domicilio e l’assistenza post-acuta per chi esce dall’ospedale».

Il dato è confermato dagli stessi direttori degli ospedali: nel 25% dei casi si tratta di codice bianco, cioè di pazienti non gravi né urgenti che potrebbero essere visitati dal medico di famiglia e che spesso ricorrono al pronto soccorso per aggirare le liste d’attesa delle visite specialistiche.

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