Prostituzione minorile, clienti a giudizio

Dalle intercettazioni la disperazione delle vittime: «Sono diventato uno schiavo»

Enrico Lagattolla

«Allora, cos’hai combinato con il piccolino?». «Eh be’... Insomma... ». «L’hai portato a casa dopo?». «Sì». Una risata. «Stai traviando tutti i bambini della Polonia...». La telefonata va avanti. Dialogo dopo una notte transitata per piazza Trento, a «raccogliere» ragazzi di strada. Minorenni costretti a prostituirsi. O come uno di loro racconta in un’altra conversazione, «sono diventato uno schiavo». Dopo i membri dell’organizzazione che quei ragazzi sfruttava, davanti ai giudici finiscono ora tre «clienti». Italiani di 30, 41 e 45 anni, che saranno processati. Il giudice per le udienze preliminari Guido Salvini ha deciso per il rinvio a giudizio, con l’accusa di violenza sessuale su minori di 14 anni e atti sessuali con adolescenti tra il 14 e i 16 anni. Gli episodi si sarebbero protratti fino all’ottobre del 2003. Per uno dei tre imputati, infine, Salvini ha dichiarato l’incompetenza territoriale, e ordinato la trasmissione del fascicolo al tribunale di Bergamo. Proprio a Bergamo, infatti, sarebbe avvenuta la violenza.
Il gup, inoltre, ha riconosciuto come parti offese due ragazzini romeni (che oggi hanno 14 e 17 anni), mentre è parte civile un altro giovane romeno, oggi 17enne. Quel ragazzo è il supertestimone degli inquirenti nel processo in corso davanti alla prima Corte d’assise, che vede come imputati gli sfruttatori dei bambini. E, per questo, vive in una comunità protetta.
Undici anni, tredici, quindici. Minorenni sempre disponibili, le telefonate con i clienti che tradiscono la consuetudine («ci sei stasera in piazza trento?», «sì, ma arrivo più tardi», «allora ti chiamo io verso le undici?», «va bene, a dopo»), il giro in macchina andata e ritorno, all’ombra dei palazzi e tra le auto parcheggiate. Cinquanta euro per la compagnia, oltre mille per uscire dal giro. Racconta, uno dei giovani, che «vorrei tornare a casa, ma loro (quelli che sfruttano l’attività di prostituzione, ndr) mi hanno detto che posso tornare in Romania solo dopo avere pagato il debito. Gli devo ancora 400 euro, ma gliene ho già dati mille e cento». Ma non c’è solo l’organizzazione criminale. Anche gli italiani sembrano avere un ruolo. Di clienti ne girano, e pure molti. «Il primo giorno se ne sono fermati da me più di mille!», dice uno dei ragazzi di strada. Ma alcuni clienti si spingono oltre. Da un capo del telefonino si informano, dall’altro le famiglie dei minori trattano per «vendere» i ragazzi.
Ancora una volta, una telefonata. Il giovane è in auto con un cliente. Gli chiede il cellulare, e chiama la madre. Le dice che «gli italiani sono stati in passato in Romania». Poi, le passa l’uomo al volante. La donna gli chiede se riesce a far venire in Italia anche lei. Lui non capisce, e rende il telefono al giovane.

E al figlio, la donna si raccomanda «di essere carino con loro, così verranno a prendere in Romania anche i tuoi fratelli». «Ne parlerò con loro», le assicura. La madre insiste, gli dice di convincerli. Ancora, glielo ripete. «Sii gentile con gli italiani».

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