Protesi del ginocchio: a confronto specialisti americani ed italiani

Si chiama «Combined meeting»: nome insolito, sul piano congressuale, perché insolita è l’aggregazione di due società scientifiche (la Knee society americana e la Sigascot italiana) che vogliono confrontarsi sulle tecniche di esecuzione e sui risultati ottenuti nella difficile e delicata chirurgia del ginocchio. Insolita è anche la sede dell’incontro: un antico e delizioso borgo toscano, la Bagnaia (Siena), capace di stupire un popolo come quello americano.
Alla Bagnaia, dunque, si sono riuniti nei giorni scorsi trecento specialisti in ortopedia (più di cento erano americani) con due presidenti per parte: Michael Kelly e Gilles Scuderi per gli Usa, Roberto d’Anchise e Paolo Adravanti per l’Italia. Il meeting è durato due giorni e ha affrontato temi di grande interesse.
Il professor Roberto d’Anchise, che dirige la Prima divisione di chirurgia del ginocchio all’Istituto ortopedico Galeazzi di Milano (Gruppo San Donato), indica la protesi del ginocchio come il tema centrale dell’incontro. «È stato utile - dice - confrontare la nostra esperienza con quella dei colleghi statunitensi. Abbiamo parlato di chirurgia mini-invasiva e di chirurgia assistita dal computer, di eventuali complicazioni, di materiali impiegati e di tempi di recupero. Un altro argomento ha animato il dibattito: la riprotesizzazione.

Ogni anno, nella sua divisione, il professor D’Anchise (che si onora di aver avuto come maestro il professor Ernesto Zerbi, uno dei fondatori del Galeazzi) impianta oltre duecento protesi del ginocchio. Venti-trenta di queste protesi, dopo alcuni anni, hanno bisogno di essere sostituite («Per fortuna l’operazione è possibile»). Anche in questo campo si sono confrontate le due procedure.

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