Protesi ortopediche contro il dolore

Al Galeazzi di Milano, Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Gruppo ospedaliero San Donato) e primo centro in Lombardia per numero di ricoveri ortopedici, si svolgerà in ottobre un corso di istruzione dedicato ai materiali impiegati nella chirurgia protesica d’anca. Questa iniziativa segue quella dello scorso anno dedicata alla prevenzione ed alla gestione delle complicanze. Gli interventi di protesi d’anca sono sempre più diffusi ed entrati nell’attività di routine. I problemi sorgono quando si hanno delle complicanze impreviste. Ne parliamo con il dottor Luigi Zagra, della prima divisione - chirurgia dell’anca del Galeazzi, diretta dal professor Roberto Giacometti. Zagra, nato a Milano nel 1965, sposato con sette figli ha partecipato attivamente alla realizzazione del Registro lombardo delle Protesi ortopediche –Rolp- (in Lombardia si esegue il 21% delle protesi che si impiantano in Italia) ed ora partecipa al nascente Registro italiano. «Le complicanze - ci dice - possono sempre insorgere. Vanno prevenute con una profilassi moderna e sicura e, quando si verificano, affrontate nel modo più efficace e tempestivo. La trombosi venosa profonda, l’infezione, la lussazione, la dismetria degli arti, il mal posizionamento dei componenti, i danni neurologici o vascolari, sono temi che interessano e preoccupano i giovani ortopedici, ma anche gli specialisti esperti che eseguono questi interventi da anni. Oggi si segue un approccio più razionale e interventistico sia medico sia chirurgico nelle infezioni. Il problema - precisa il dottor Zagra - va affrontato nel modo più radicale e completo possibile, evitando pericolosi atteggiamenti di attesa quando non giustificati. Va inoltre effettuata una più attenta valutazione dei problemi di instabilità e lussazione, che tenga conto delle caratteristiche psico-fisiche del paziente e permetta di scegliere la soluzione tecnica e di materiale più appropriata. Un altro problema è la gestione del patrimonio osseo delle fratture periprotesiche, con l’utilizzo di osso di banca sotto forma di stecche di osso corticale per migliorare la sintesi e ripristinare il bone stock. Infine vi è la grande novità degli anticoagulanti orali nella prevenzione della trombosi venosa che potrebbero sostituire le tradizionali eparine somministrate per via iniettiva sottocutanea». Gli interventi di didattica in live surgery eseguiti a Milano durante il corso hanno utilizzato i nuovi dispositivi a radiofrequenze per l’emostasi.
Zagra è direttore operativo del Registro lombardo delle protesi (anca e ginocchio), che ha sede al Galeazzi, fa parte del comitato scientifico del nascente Registro nazionale e del consiglio direttivo dell’European Arthroplasty. L’Istituto Superiore di Sanità è stato incaricato dal ministero della Salute dell’istituzione del Registro nazionale delle protesi d’anca, un istituto importante che potrà sempre più consentire una valutazione dell’esito dell’intervento e dell’efficacia della terapia. Il Registro della regione Lombardia, istituito nel 1997 è un modello di riferimento. Esistono tre tipi di sostituzione protesica dell’anca: l’intervento parziale (endoprotesi) che preserva l’acetabolo, utilizzata in caso di frattura del collo del femore nei pazienti più anziani, quella totale (artroprotesi) su entrambe le componenti articolari femorale e acetabolare e il reintervento (revisione), che prevede la sostituzione di una protesi precedentemente impiantata. Gli interventi di protesi dell’anca sono passati dai 44mila effettuati nel 1994 ai 71mila del 2001 agli attuali 75mila. Negli ultimi 25 anni sono stati istituiti in molti paesi occidentali dei Registri sulla chirurgia dell’anca, la Svezia è stata la prima nel 1979. Da allora il processo per la raccolta dati è stato perfezionato. I registri degli impianti rappresentano una solida realtà nel mondo della ricerca e dell’assistenza sanitaria, le conoscenze acquisite dovrebbero essere velocemente trasferite alla pratica clinica.
«La grande crescita di questi interventi - afferma il dottor Zagra - è dovuta all’invecchiamento della popolazione, ma soprattutto alle nuove metodiche che hanno favorito gli interventi sia sui grandi anziani che rischiavano di essere immobilizzati e che accusavano forti dolori fino al blocco completo del movimento sia sui giovani che richiedono maggiori prestazioni e che necessitano di materiali resistenti all’usura nel tempo. Oggi si cerca di eseguire interventi standardizzati, ma sempre più personalizzati come tipo di fissazione all’osso, cioè che tenga conto delle caratteristiche anatomiche dell’articolazione, ma anche psico-fisiche del paziente, delle sue richieste e delle sue esigenze e quindi con un’attenzione ai materiali e alla loro durata.

Per esempio l’impiego nelle protesi di teste femorali di grande diametro ha migliorato il movimento articolare e la stabilità dell’articolazione. Questo vale in particolare nei casi più complessi di sostituzione della protesi, i cosiddetti reimpianti o revisioni».

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