Protesta bipartisan: dateci soldi per le toilette

Ogni rappresentante a Palazzo Madama ci costerà 260mila euro, a Montecitorio 272mila. I partiti si difendono: «In un triennio abbiamo risparmiato 70 milioni». Ma i bilanci li smentiscono

da Roma

«Più che servizi igienici, quelli del Senato della Repubblica sono disservizi igienici». Il vicepresidente della Camera Alta, il leghista Roberto Calderoli, non ha usato eufemismi per descrivere lo stato di totale trascuratezza delle toilette di Palazzo Madama. Poche, mal distribuite e caratterizzate da un olezzo da vero e proprio vespasiano che non si addice alla solennità del luogo.
Logico che le lamentele dell’esponente del Carroccio siano condivise tanto dalla maggioranza quanto dall’opposizione. Con spirito bipartisan i rappresentanti dei cittadini italiani hanno sostenuto la necessità di ripristinare il decoro dei retré del Senato. Fin qui niente di male. Il rendiconto delle spese e delle entrate di Palazzo Madama per l’anno 2004, tuttavia, ha messo in evidenza che sono stati spesi ben 2.115.747,92 euro per i servizi di pulizia e l’acquisto di prodotti igienico-sanitari. Circa quattro miliardi di vecchie lire, non bruscolini.
Ma a detta di parecchi senatori ai servizi igienici è possibile accedere solo previo utilizzo di maschera antigas. E pensare che l’ulivista Boccia vorrebbe i séparé per ricevere degnamente gli ospiti («Qualcuno potrebbe pensar male», l’ha ammonito Calderoli). Ci sono questioni più importanti e il senatore-questore Gianni Nieddu ha assicurato che è allo studio un progetto di ammodernamento delle toilette per superare l’impasse. Un cittadino, però, potrebbe domandarsi se quattro miliardi di vecchie lire non siano sufficienti per garantire l’igiene e il decoro del Senato. Perché con quattro miliardi di vecchie lire ogni anno si potrebbero realizzare circa un centinaio di toilette. Senza toccare un euro dei circa 500 milioni di budget di Palazzo Madama. Oppure si potrebbe attingere al milione di euro per la pubblicazione di libri e per le iniziative culturali.

E che dire poi degli 1,9 milioni per le spese di ristorazione e dei 5,8 milioni dei servizi informatici?
Se si volesse incidere meno, si potrebbe tirare la cinghia sui 33mila euro che si spendono annualmente per stoviglie e posate. La vanità del palato ne risentirebbe, ma il danno sarebbe compensato dalla gratitudine del contribuente.

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