La protesta dell’Esquilino regno del «made in China»

Sono anni ormai che il quartiere Esquilino è letteralmente invaso dai commercianti stranieri, perlopiù cinesi. Magazzini all’ingrosso di vestiari e scarpe «made in China», garage e persino sottoscala sono stati adibiti alla vendita di ogni tipo di prodotto. Il macellaio, il bar, la lavanderia, tutte attività essenziali per la vita di ogni giorno, sono stati soppiantati dallo strapotere dei cinesi e i residenti sono costretti a «emigrare» nei quartieri vicini per trovare un calzolaio o una tintoria. La soluzione è lì, a portata di mano: si tratta della delibera che prevede il divieto di cambio di destinazione d’uso e di cambio di genere merceologico.
Nella mattinata di ieri la commissione commercio del Comune ha dato il via alla discussione in aula e oggi i capigruppo di An hanno chiesto che tale delibera venga messa in discussione tra i primi punti. «È necessario frenare l’apertura indiscriminata di ogni genere di attività»; è quanto dichiara Marco Marsilio, capogruppo di An in consiglio comunale. Il rione Esquilino è uno dei quartieri storici del commercio locale ma le numerose deroghe alla normativa vigente non fanno altro che «dare la mazzata definitiva al commercio tradizionale del rione». Una prima delibera, presentata quattro anni fa, conteneva delle forti misure restrittive, nonché misure incentrate alla riqualificazione commerciale di rione Esquilino. Un piano di intervento che non è stato mai attuato.

Il rione è tutt’oggi in balìa del commercio straniero che sta prendendo sempre più piede. I cinesi continuano ad aprire attività che di fatto esercitano all’ingrosso (show room, ovvero magazzini senza deposito) e che l’amministrazione comunale fa finta di non vedere.

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