da Roma
Alle sette di sera, a piazza del Popolo si mette in campo il piatto forte: l’amatissimo gruppo dei Modena City Ramblers, icona della sinistra folk, una band che ovunque vada fa il tutto esaurito. Parte un inconfondibile attacco di flauto, sotto il palco riconoscono subito la versione di O Bella Ciao portata al successo dal gruppo. Solo che sotto il palco non c’è nessuno. Tre-quattrocento persone in tutto, ragazzi, qualche turista, il personale politico dei tre partiti promotori (Verdi, Pdci e Rifondazione) più quello delle associazioni co-promotrici (Legambiente, Arci, un pezzo di Cgil).
Ironizzava, in collegamento su La7, il radicale Daniele Capezzone: «Scusate, io non vengo da un partito di massa, ma qui mi pare che in piazza ci siano i dipendenti dei gruppi parlamentari interessati più un familiare a testa. Uno, non di più!». Capezzone è perfido, ma coglie nel segno. La manifestazione degli «antagonisti moderati», o della sinistra «anti-Bush» ma «filo-governo», è stata un fiasco senza precedenti. È amaro Maurizio Gubbiotti, leader di Legambiente: «Se avessimo fatto una cosa un po’ più happening, più... estate romana, magari di sera, sarebbe andata meglio. Però....». Però? «I partiti non hanno voluto. Hanno posto la condizione che si iniziasse alle tre». Già, alle tre. Ovvero in contemporanea col corteo no global di piazza Esedra, un modo per contarsi per dire: noi siamo una cosa, loro un’altra. Be’, «la cosa di governo» (sia pure critica) è stata rigettata. Forse persino irrisa dal meraviglioso blitz situazionista di Francesco Cossiga, che ha provocatoriamente partecipato, sia pure dai tavoli adiacenti del caffè Rosati. Alle tre e mezzo c’era più folla intorno al presidente emerito che sotto il palco.
Qualcosa non ha funzionato, cosa? Non solo nelle scelte strategico-logistiche, come diceva Gubbiotti. Ma forse lo stesso «marketing» della contromanifestazione. Il titolo dello striscione sul palco era «Per l’altra America», a piazza del Popolo c’era persino l’ex senatore della California, Tom Haylen (un «liberal» doc), anche i Modena City Rambler si erano adeguati al clima intonando una possente versione di We shall over come. C’erano tutti gli ingredienti, insomma, ma non il contenuto. Chi contesta Bush oggi, non ha in mente Kennedy e Luther King, Joan Baez e Ferlinghetti, ignora il richiamo all’«altra America» (quella progressista, contestatrice e di sinistra) che appassionò i giovani degli anni Settanta. Oggi il popolo di Seattle corre sul web, si radicalizza nei movimenti anti-Nato tipo il No dal Molin. Quelli di piazza del Popolo al confronto sembrano un anacronisma, troppo molli, troppo poco intransigenti.
E anche i leader della sinistra radicale qualche problema devono averlo, se è vero che disertano la prima fila. Franco Giordano entra in piazza, sì, ma per il collegamento con Alessadra Sardoni de La7: «Questa è una manifestazione pacifica e non violenta - spiega il segretario Prc -, credo sia il segno dell’intera giornata». E a chi chiede se non sia un paradosso una manifestazione «anti-Usa» di governo: «Non vedo perché Bush non possa essere contestato in Italia. Una cosa sono i doveri istituzionali, altra è una critica politica di fondo. E Dio solo sa quanto sia necessaria una critica a chi sta producendo nel mondo tanti dolori e lutti». Poi aggiunge: «Dovevamo stare insieme...». Pierpaolo Cento, sottosegretario Verde, partecipa, ma come commentatore (anche lui su La7, in studio).
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