Le proteste Il boicottaggio di pastori e «venetisti»

Pastori sardi, il sindaco dell’Aquila. E poi «venetisti». La notizia è che ieri, a non festeggiare i 150 anni dell’unità d’Italia, erano veramente in pochi. E non erano solo leghisti. Il primo cittadino del capoluogo abruzzese distrutto dal terremoto, Massimo Cialente, ha preferito non partecipare alle celebrazioni ufficiali a Roma. Ha fatto sapere che sarebbe rimasto nel suo ufficio del Comune de l’Aquila, inagibile da quando il sisma di due anni fa devastò la città. «Non aveva senso partecipare ai festeggiamenti con gli altri sindaci». Niente festeggiamenti nemmeno nel territorio più a Sud del Paese, l’isola di Lampedusa. Anzi, il primo cittadino ha esposto il tricolore a mezz’asta. «Pur nel rispetto di questo importante giorno «per noi è un giorno di lutto cittadino». Nel caso dell’isola siciliana il problema sono gli sbarchi di rifugiati e clandestini, ripresi con le rivolte nei paesi arabi e magrebini e la crisi del turismo lampedusano.

Per quanto riguarda i pastori sardi, il non festeggiamento è motivato dal fatto che «l’Italia si comporta da matrigna nei confronti della Sardegna». Toni quasi leghisti, localisti, come quelli dei venetisti che a Padova hanno distribuito banane con il bollino «Repubblica delle Banane» e opuscoli contro il plebiscito veneto del 1866.

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