Venerdì Padoa-Schioppa ha dichiarato che la bozza di finanziaria è adeguata. Sabato, il conclave dell'Unione ha vagheggiato una prossima grande crescita economica per il 2007. Ma giovedì scorso Trichet ha confermato al Parlamento europeo l'intenzione di alzare i tassi. Il punto: Tps ne ha fatto calcolare l'impatto deflazionistico in modo da valutare se l'impostazione della finanziaria stessa lo attutisca o peggiori? Vorremmo, inoltre, sapere come intenda bilanciare lo «shock asimmetrico» che l'Italia sta subendo: la Bce vuole alzare il costo del denaro fino al 3,50%, e oltre, ma l'inflazione in Italia è solo poco sopra il 2%, la crescita un po' sotto. Significa che i tassi troppo elevati in relazione a quello che sarebbe giusto per l'Italia ne penalizzeranno, forse molto, l'incremento del Pil invece di favorirlo. Ma andiamo con ordine.
Qual è l'impatto dovuto all'aumento dei tassi? Sarà maggiore la spesa annuale per pagare gli interessi del debito pubblico, per altro già incrementata dagli effetti del suo recente declassamento. Ciò implica che molte risorse destinate ad altri impieghi dovranno essere riallocate, in quantità e modi che non paiono oggi previsti, per coprire tali passivi. Aumenterà anche il costo dei mutui a tasso variabile costringendo le famiglie a tagliare i consumi, penalizzando così la crescita nel 2007. Cosa si dovrebbe fare per attutire questo impatto? Bisognerebbe aumentare l'avanzo primario, cioè la quota del bilancio statale destinata a ridurre il debito, per ricostruire la fiducia sul fatto che lo ripagheremo. Ma per il ripristino di tale fiducia è altrettanto importante mostrare la capacità di stimolare la crescita, cosa credibile solo con sostanziali detassazioni sia a favore delle imprese sia delle famiglie del ceto medio-basso che soffrono pesantemente l'aggravio dei mutui. In sintesi, lo scenario dell'aumento dei tassi implica forti tagli della spesa pubblica per ribilanciare i costi crescenti del debito e per fare spazio a detassazioni stimolative.
La bozza di finanziaria non fa queste cose, ma esattamente il contrario. Quindi dobbiamo prevedere con preoccupazione un impatto deflazionistico, cioè impoverente, peggiorato e non attutito o bilanciato dalla politica economica del governo. O il ministro dell'economia mostra dati alla mano che la finanziaria non produrrà tale effetto negativo oppure dovrà modificarla. E se non la farà dovremo imputarlo di incompetenza, anzi emettere la sentenza di primo grado perché sotto processo, internazionale e nazionale, lo è già. La difesa delle sue azioni sarà complicata o migliorata da come gestirà il problema dello «shock asimmetrico» detto sopra. Lasciamo da parte la polemica sul come la Bce calcoli l'inflazione prospettica, esagerandola. Secondo me, e altri ricercatori, tra cui quelli della Banca centrale americana, sbaglia nel dare valore predittivo a certe masse monetarie. Ma non sbaglia nel rilevare un maggiore rischio di inflazione in Germania, dove l'Iva aumenterà dal primo gennaio, ed in altre parti dell'eurozona (bolla immobiliare, forte crescita, ecc.).
Quindi, anche se l'Italia resterà a bassa inflazione nel 2007, la Bce alzerà i tassi ritenendo prioritario il contenere l'inflazione stessa in quei luoghi e sacrificando l'Italia dandole un costo del denaro soffocante. In particolare, noi siamo più vulnerabili di qualsiasi altro europeo all'aumento degli interessi a causa di un debito enorme e delle tante famiglie che hanno acceso mutui a tasso variabile. Se i tassi andranno oltre il 3,50% temo una destabilizzazione dei conti pubblici, del risparmio e dei consumi.
Come il ministro intende gestire questo problema? La teoria dice che gli sbilanciamenti prodotti dalla politica monetaria vanno compensati con sollievi fiscali o di spesa straordinaria. Ma non c'è un governo paneuropeo che possa farlo. Quindi dobbiamo provvedere noi, nazionalmente.
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