«Prova superata Al Pdl più consensi di quelli di Fi e An»

RomaIl Pdl cala un po’ rispetto alle Politiche del 2008. Ministro Bondi, qual era la sua previsione?
«Era di preoccupazione e di inquietudine per le possibili conseguenze di una campagna elettorale anomala: la peggiore - come ha detto giustamente Scajola - degli ultimi decenni. Una campagna elettorale che ha impedito al presidente Berlusconi, salvo gli ultimissimi giorni, di rivendicare i meriti del governo e di parlare dei problemi del Paese. Mentre ha consentito alla sinistra di nascondere il vuoto delle sue idee politiche e programmatiche».
Adesso si volta pagina?
«Ora dobbiamo archiviare rapidamente questo clima mefitico e avvelenato e tornare a occuparci seriamente e concretamente, come fatto finora, dei problemi degli italiani».
Pdl sotto il 40%: battuta d’arresto?
«Il Pdl supera la somma dei voti di Forza Italia e di Alleanza nazionale, elegge al Parlamento europeo cinque deputati in più di quelli che aveva e le forze politiche che sostengono il governo avanzano ulteriormente, rispetto allo storico risultato delle Politiche di un anno fa. In più, il principale partito di opposizione subisce un’altra pesante sconfitta. Mi sembra che quasi tutti gli indicatori politici siano positivi».
Quanto ha influito la campagna elettorale incentrata sul gossip?
«Può avere influito non direttamente sul risultato del Pdl, ma nell’avere allontanato e disamorato molti elettori dalla politica».
Intanto, pagate pegno per il forte astensionismo al Sud e nelle isole.
«L’astensionismo penalizza normalmente il centrodestra. Il fatto poi che si sia concentrato prevalentemente nelle regioni meridionali e nelle isole spiega ancor di più la distanza tra i sondaggi della vigilia (che nessuno metteva in discussione) e il risultato finale delle urne».
La Lega però vola. Se l’aspettava?
«Un suo risultato positivo era previsto da tutti. Era in qualche modo annunciato, come l’ulteriore discesa del Pd rispetto al dato ottenuto da Veltroni alle Politiche, e che aveva determinato le sue dimissioni».
Analogie con la crescita dell’Idv?
«Il risultato della Lega non è simmetrico a quello di Di Pietro. Non è cioè l’espressione di una tendenza estremista nel campo del centrodestra. Si tratta di un dato complesso, che va interpretato con attenzione. Io lo considero come politicamente omogeneo a quello del Pdl, al punto di formare in prospettiva un raggruppamento politico molto simile alla Cdu-Csu in Germania».
È sicuro che nel Pdl vi siate mossi tutti all’unisono?
«Io non credo che ci siano responsabili in questo risultato elettorale. Il Pdl è un partito nazionale, che sconta una obiettiva difficoltà politica a farsi carico contemporaneamente della questione settentrionale e della questione meridionale, senza lasciare la prima esclusivamente alla Lega e la seconda a un movimento come quello di Lombardo. Questa capacità di essere davvero un partito nazionale, con una classe politica cosciente delle proprie responsabilità, è la vera sfida del nostro futuro. Sfida che comporterà decisioni riguardanti la selezione della classe dirigente, che non potrà non partire dal territorio e da un metodo democratico di base».
Nessun chiarimento in vista?
«Sono convinto che l’ufficio di presidenza del Pdl abbia il dovere di compiere una riflessione approfondita su ciò che è avvenuto e di aprire un confronto leale sulle scelte riguardanti il futuro».
Qualche maligno sperava in un maggiore impegno di Fini.
«Fini ha dimostrato un alto senso delle istituzioni, non prestandosi a mescolare ruoli che debbono rimanere distinti, soprattutto durante una campagna elettorale. Il suo contributo potrà semmai essere prezioso nel momento della riflessione politica e delle scelte strategiche».
«Questione» siciliana.
«Il caso Sicilia non è stato aperto da noi, ma da Lombardo, per ragioni esclusivamente elettorali. Ora spero prevalga la ragionevolezza».
Stop del Pd, ma avanzata dell’Idv.
«Purtroppo il Pd di Franceschini ha fatto concorrenza a Di Pietro sul terreno dell’antiberlusconismo e dell’estremismo, dove l’ex pm è imbattibile.

Il risultato è che dopo queste elezioni il Pd sarà ancora più ostaggio di Di Pietro. Dovrà scendere a patti con lui e la nascita di un vero partito riformista si allontanerà ancora di più nel tempo. Questo è il bel capolavoro di Franceschini».

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