Provate voi a offendere i vostri superiori...

Santoro è un dirigente, quindi non vale la legge 604/66: può essere licenziato in ogni momento

Quiz per i lettori che siano lavoratori dipendenti. Se mandate a quel paese il vostro capo in diretta televisiva, oppure (dato che non tutti hanno il privilegio delle telecamere a disposizione) se lo fate con gli altoparlanti dell’azienda, con mail collettiva, in piedi su un podio in sala riunioni, insomma come vi pare, l’importante è che vi vedano e vi sentano tutti, ebbene, secondo voi la ditta vi darà un premio o una sanzione? Non dovrebbe essere un concetto difficile, eppure quando si entra nel mondo di Michele Santoro la logica e il buon senso vengono piegate e distorte, rendendo il signore in questione un perfetto caso di tutele ad personam quali nemmeno il più severo dei «lodi Alfano» potrà mai prevedere. Del resto il giudice estensore della stessa discutibile sentenza che reintegrò Santoro sul piccolo schermo dopo la contestata sospensione agli inizi del 2000, nel definirne la qualifica, lo descrive come direttore «ad personam». Più chiaro di così. Fa quindi sorridere che il conduttore di Annozero, una volta appreso del provvedimento disciplinare della sospensione di dieci giorni nei suoi confronti, gridi al procedimento «ad personam», dato che ben peggio capiterebbe a qualsiasi altro dirigente si rendesse responsabile di analoghi comportamenti.
Intendiamoci: per me Santoro non va affatto allontanato dalla Rai, ma consideriamo la fattispecie nell’ottica dei normali rapporti di lavoro, così sgombriamo il campo proprio da quei personalismi che il conduttore di Annozero lamenta. Innanzitutto vanno rilevati alcuni fatti: Santoro non è un impiegato o un operaio, bensì un dirigente e come tale non è soggetto alle tutele contro il licenziamento previste dalla legge 604/66. La nozione di «giustificatezza» che si richiede nelle motivazioni di un’eventuale decisione di risoluzione del rapporto di lavoro del dirigente, non coincide, come stabilito in numerose sentenze della Cassazione, con la «giusta causa» o il «giustificato motivo» richiesti per il dipendente non direttivo, dato che viene riconosciuto da tutte le fonti il diritto del datore di lavoro di scegliere discrezionalmente le persone da adibire a ruoli di responsabilità. Se mai l’addebito al dirigente di comportamenti non conformi, alla base della risoluzione del rapporto, può essere rilevante solo per questioni legate al preavviso o a diverse indennità, ma è solo materia di risarcimenti, non di possibilità o meno di licenziare. Quindi, statuito che Santoro non ha un posto fisso per diritto divino, ma potrebbe essere licenziato in qualsiasi momento (come tutti i dirigenti) per semplici e motivate scelte aziendali ed organizzative, arriviamo al capitolo degli insulti e dell’uso privato di mezzo pubblico. Paradossalmente la giurisprudenza è più complessa per quanto riguarda le sanzioni disciplinari che per il licenziamento del dirigente, dato che in questo caso la materia è comune a tutti i lavoratori, indipendentemente dal grado. In buona sostanza per la legge «normale» (per quella «ad personam sua» non si sa) si farebbe prima a mandare a casa Santoro piuttosto che a «sgridarlo». Per le sospensioni si rientra infatti in quella palude delle cause di lavoro che vedono i tribunali spesso piattamente allineati alla tutela del dipendente, dandogli ragione spesso anche contro logica e buon senso. Tuttavia anche allo stiracchiamento delle norme dovrebbe esserci un limite: è stato infatti reintegrato con una recente sentenza (9422 del 21 aprile 2010) un dipendente licenziato per minacce e insulti al datore di lavoro, ma solo perché l’azienda lo aveva mandato a casa «in tronco» senza prima contestargli l’addebito e averlo sentito a sua difesa. Discutibile, ma nemmeno in questo caso estremo di tutela del lavoratore si è sancita la libertà di insulto. Quanto all’uso privato del mezzo televisivo per rendere pubbliche proprie questioni, Santoro l’aveva già scampata una volta, dato che il bonario tribunale affermò che non era lui ma «erano i suoi ospiti ad incalzarlo sulla sua posizione personale» ma egli si schermiva e «cercava di cambiare discorso». Sarà...

ma come ciò possa applicarsi ad un monologo come in questo caso è un mistero. Diciamo che se Santoro dovesse farla franca anche stavolta ci vorrà ancor più fantasia nelle motivazioni. Teniamoci pronti, potrebbe essere libertà di vaffa per tutti.
posta@claudioborghi.com

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