Per impreziosire il primato del Milan c’era bisogno di un derby così. Di un derby firmato da Ibrahimovic, l’uomo delle vendette puntuali, a volte efficaci, come ieri sera o contro l’Ajax ad Amsterdam, a volte no, come contro la Juve. E quel derby è finalmente arrivato, dopo anni di passione e di sconfitte, alcune eccessive nel risultato, tutte fotografia puntuale della distanza tra le due squadre avviate verso un diverso destino. L’ultima volta in cui il Milan trovò il sorriso fu merito di Ronaldinho, «pescato » da un lancio di Kakà in elevazione arditissima. Questa volta tocca a Ibrahimovic, puntuale come l’esattore delle assicurazioni d’auto,timbrare il cartellino e mostrare la strada maestra verso il primato per rispondere così all’acuto laziale all’ora del brunch.
Ibra riempie la prima parte del derby con un Milan rotondo nell’esibizione stilistica, capace dopo aver allungato il collo dal dischetto, di prendere il controllo della sfida e di sfiorare più volte anche il meritato raddoppio. Per impreziosire il primato che adesso non è più casuale, figlio di qualche svista arbitrale, il Milan può e deve permettersi di giocare dapprima senza Pirlo, con Ambrosini piazzato davanti alla difesa, poi col genio del bresciano sostituto poco naturale di Gattuso, ammonito, a rischio espulsione e perciò lasciato sotto la doccia dal saggio Allegri. Dalle parti del Milan l’unico che appare insostituibile è ancora il gigante Ibra che perde il controllo dei propri nervi solo nel finale quando, alle prese con un duello rusticano con Materazzi, si avventa come un judoka e incassa il giallo per gentile concessione di Tagliavento. Per dimostrare alla Lazio e al resto della compagnia che il primato del Milan brilla di luce propria bisogna forse attendere anche che il derby si complichi nella seconda frazione e diventa un assedio a fort Abbiati più che una brillante sfida calcistica da cui si ricavano alcuni risultati inattesi per le abitudini recenti e passate dei milanisti.
Il primo è il seguente: per una volta la difesa, sigillata da Nesta e soci,riesce nell’impresa di non prendere gol, concessi persino al Bari una settimana fa, due addirittura, per non parlare di tutto il resto. Il fortino rossonero regge nonostante per oltre mezz’ora la ciurma resti in dieci unità, senza il prezioso contributo di Abate che pure si danna l’anima per uscire vivodal duello con Eto’o dopo aver frenato addirittura Cristiano Ronaldo in Champions league. Incredibile ma vero: cade nella trappola tesagli da Pandev e così costringe Allegri e il Milan a sperimentare la difesa ad oltranza. Che funziona e funziona alla grande per il sacrificio collettivo e per la disposizione tattica adottata: via i ballerini, Seedorf quindi, dentro Antonini, uno che può correre la maratona di New York e tutti gli altri dietro, fino al punto, da sfiorare, in contropiede solitario, il clamoroso gol del 2 a 0. Che sarebbe uno sberleffo per quell’Inter rimasta senza Milito e finita nell’imbuto rossonero senza liberarsi mai al tiro e nemmeno al triangolo. Anzi continuando a martellare calcio provinciale, con cross senza senso e senza destinazione sicura, ed esaltando la concentrazione di Thiago o il mestiere di Nesta, la presa alta di Abbiati, piuttosto che la corsa attenta di Flamini e Ambrosini, tutti al servizio della buona causa. Per impreziosire il primato del Milan da ieri sera c’è anche questa «chicca» nella bacheca personale di Allegri che non riesce a vedere il rigore calciato da Ibra ma poi ha occhi per correggere lo schieramento, per richiamare anche Robinho poco utile nella bagarre e avvalersi del contributo di Boateng che non si arrende quasi mai. Forse è il caso di dotarlo, alla ripresa del mercato, di un attaccante che possa far respirare i tre che sono attualmente a disposizione.
Ronaldinho è rimasto ancora fuori dalla mischia. In un altro mondo, il suo contributo al derby sarebbe stato prezioso. Ma quando c’è da tirar fuori gliartigli non gli si può certo chiedere di partecipare alla vicenda.