Prove tecniche di dialogo per le riforme bipartisan

L’idea: commissione con esperti d’area

da Roma

Le diplomazie parallele, raccontano gli sherpa dell’uno e dell’altro schieramento, non hanno mai smesso di lavorare. Nemmeno nelle ore che hanno preceduto il voto, quando Berlusconi e Veltroni sono passati dal fioretto ai guantoni. E un segnale in questo senso il Cavaliere l’ha dato già lunedì sera, quando nella sua prima dichiarazione pubblica da premier in pectore si è detto disponibile a dialogare con l’opposizione sulle riforme. Una linea confermata qualche ora prima da Veltroni, che a urne ancora aperte ha chiamato il leader del Pdl per congratularsi della vittoria.
Una legislatura che parte certamente con un passo diverso rispetto al passato, tanto che Berlusconi e Bettini - «attraverso un comune amico», spiega il primo riferendosi a Gianni Letta - hanno già in agenda un faccia a faccia per i prossimi giorni. Sarà allora che si inizierà a fare chiarezza su come e quali punti saranno oggetto del confronto.
D’altra parte, Berlusconi e Veltroni hanno più d’un motivo per cercare di impostare un rapporto tra i poli diverso dal passato. Soprattutto in prospettiva, visto che il primo spera in una legislatura che possa essere costituente e completare la transizione italiana («voglio restare nella storia del mio Paese come uno statista», diceva lunedì sera) e il secondo ha come obiettivo quello di restare in sella al Pd per poter correre di nuovo per Palazzo Chigi al prossimo giro. Quello che deciderà il Parlamento che eleggerà il nuovo capo dello Stato.
Insomma, che possa esserci davvero un confronto bipartisan è più che probabile. Scartata l’ipotesi Bicamerale, anche una soluzione sul modello Attali non sembra affascinare il Cavaliere: «Ho letto quasi per intero il rapporto e non ho trovato idee sconvolgenti. La sua notorietà non è pari ai suoi meriti». La strada che stanno battendo le diplomazie di Pdl e Pd, invece, è quella di un tavolo sulla falsariga della Commissione Balladur. Non a caso Gaetano Quagliariello, uno degli sherpa azzurri, a fine marzo è andato a Parigi per incontrare Edouard Balladur e alcuni dirigenti dell’Ump di Sarkozy. L’idea, dunque, sarebbe quella di una commissione esterna di esperti d’area piuttosto che vera e propria espressione dei partiti. Quello che il Cavaliere definisce «un comitato di belle menti in grado di darci suggerimenti». Un tavolo che dovrebbe lavorare su mandato del Parlamento su tre fronti: forma di Stato (riforma del Titolo V), forma di governo (poteri del premier) e bicameralismo.

E stilare un rapporto che verrebbe poi discusso dalle commissioni competenti di Camera e Senato. Una strada, spiega Quagliariello, che avrebbe il pregio di «coinvolgere nel dibattito anche quelle aree rimaste senza rappresentanza parlamentare».

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