da Roma
Nel giorno in cui il ministro della Giustizia Roberto Castelli gli dà il via libera allinsediamento a capo della Procura nazionale antimafia, Pietro Grasso rompe il silenzio. E lo fa passando dalla porta principale: la ultraquarantennale latitanza del boss mafioso Bernardo Provenzano.
Lex procuratore di Palermo punta in alto. E a Tv7, il settimanale di Raiuno, dice: la latitanza di Provenzano «la coprono rappresentanti delle professioni, politici, imprenditori, forze di polizia. Dallindagine sulla sua ricerca sono emerse tutte queste categorie, quindi non è soltanto una copertura da parte di unorganizzazione criminale, ma è una copertura che viene da intere fasce sociali».
Grasso rivendica i successi raggiunti nel far terra bruciata attorno alla primula rossa, poi cita alcuni dei «casi» palermitani che hanno lambito gli intrecci fra mafia, politica e apparati di Stato: linchiesta sulle talpe della Dda («Abbiamo scoperto che un imprenditore riceveva da un sottufficiale della forza di polizia delle informazioni sulle nostre indagini. Limprenditore era collegato a Cosa Nostra, quindi le indagini venivano conosciute direttamente da Provenzano»), o il «pentimento» di Francesco Campanella, ex presidente del Consiglio comunale di Villa Abate, che mise i timbri sul documento falso con cui il boss andò in Francia a curarsi: «Questo dà lesatta misura di come Cosa Nostra riesca a infiltrarsi nelle istituzioni, non solo locali ma anche nazionali».
Lintervista di Grasso scatena il mondo politico: Enzo Bianco annuncia seduta stante la convocazione al Copaco; ma Fabrizio Cicchitto (Fi) puntualizza: «O le dichiarazioni chiamano in causa in qualche modo i Servizi segreti oppure non sono di competenza del Comitato Sis ma casomai della Commissione Antimafia». Dove, infatti, ne chiedo laudizione Angela Napoli (An), vicepresidente dellorganismo presieduto da Roberto Centaro. E se la politica concorda nel ritenere Grasso un magistrato che non ama le parole in libertà, dunque nel sottolineare limportanza delle sue dichiarazioni, Enzo Fragalà (An) si dice «stupito che Grasso salvi dallarea grigia delle coperture gli appartenenti alla sua corporazione».
Il procuratore trasecola per il clamore suscitato dallintervista: «Non ho detto niente di nuovo. Ho solo parlato di rappresentanti istituzionali i cui nomi erano già usciti anche sui giornali, perché indagati, arrestati e adesso anche sotto processo». Indirettamente, gli risponde il ministro Castelli: «Attenzione alle strumentalizzazioni - afferma -. A distanza di soli pochi minuti dalla sua presa di possesso, il Procuratore nazionale antimafia è stato costretto a prendere atto a sue spese di cosa significhi ricoprire unaltissima carica nello Stato.
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