La provocazione Ogni volta una tragedia: questo corteo è iellato

FACCIA TOSTA Tutti i giorni «Repubblica» insiste con il gossip e urla alla censura. Ma la vittima è Berlusconi

Oltre a essere una tesi discutibile o, per lo meno, una supposta intenzione, più che una realtà effettuale (a giudicare da come in tutto il mondo i comportamenti del premier più privati che pubblici, e soprattutto quelli sessuali, sono conosciuti), quella della minaccia alla libertà di stampa, genera anche inquietanti conseguenze. Come alcuni ricorderanno, la manifestazione per la libertà di stampa programmata per il 19 settembre scorso, fu rimandata per il lutto nazionale dopo la strage dei militari italiani in Afghanistan. Ora appare poco opportuno farla nel giorno successivo alla tragedia dei morti per l’alluvione in provincia di Messina. Non dubito che la responsabilità sarà sicuramente attribuita a Berlusconi, il quale, nella logica dei suoi oppositori, certamente favorisce le stragi e i cataclismi per ostacolare il buon esito della protesta. E così, a forza di rimandare, la Repubblica dichiara di aver raccolto 440mila adesioni all’appello dei giuristi, tanto illuminati quanto garruli (nessuno ha mai impedito loro di esprimersi) Cordero, Rodotà e Zagrebelsky. Naturalmente hanno firmato tutti, da Dulbecco a Doris Lessing a John Le Carré, ai fratelli Taviani, a Bernard-Henry Lévy, insomma tutti preoccupatissimi delle minacciate censure e dei limiti all’informazione in Italia.
Ora io, tutti i giorni, apro Repubblica e so che almeno quattro pagine sono identiche al giorno precedente, rubriche fisse. Riguardano la vita privata e le pratiche sessuali, fino all’estrema intimità di Berlusconi. Poi c’è la pagina delle lettere con le firme all’appello, poi ci sono, sempre identiche, dal 26 giugno, dopo la prima versione d’aprile le «nuove dieci domande» formulate da D’Avanzo dopo il formidabile «caso Noemi». Si dimenticano morti, terremoti, guerre, carestie, vandalismi ai monumenti, omicidi ma non il compleanno di Noemi al quale Berlusconi compì il delitto (si direbbe) di partecipare. Dieci domande e un’antologia di lettere monocordi sul regime berlusconiano. Ora anch’io, come vittima del regime (ed essendo stato in passato letteralmente oscurato, senza che nessuno aprisse bocca per difendermi) mi interrogo su come si manifesti, e osservo che Berlusconi appare ogni giorno di più vittima dell’informazione, piuttosto che carnefice della libertà di stampa. E non perché sappiamo tutto di lui, ma perché egli fornisce materiale straordinario a censori (dei suoi comportamenti) e a comici. Io credo che faccia apposta. Un giorno dichiara che Obama è abbronzato, qualche mese dopo (indifferente alla gaffe alla Mike Bongiorno) aggiunge che è «abbronzata» anche la moglie, perché prendono il sole insieme. Un altro giorno dichiara di essere il miglior presidente del Consiglio degli ultimi 150 anni. Un altro giorno gela gli avversari con un proclama divino: «governerò per sempre». Incontinenza o volontarie provocazioni alla Carmelo Bene (che nella sua originalità ammirava Berlusconi - e mi chiese più volte di incontrarlo - e mai avrebbe firmato un appello contro di lui: niente di più volgare)? Una notte poi viene turlupinato da una mezza puttana, facendo la figura dell’ingenuo (?), escort d’altri (tanto che, confermandolo ignora, il suo sveglissimo avvocato lo definisce «utilizzatore finale») e tutti gli intellettuali firmatari degli appelli e i lettori di Repubblica lo descrivono come una specie di maniaco sessuale, per di più ricattato. Mi pare che, portato in giro da Tarantini, abbia piuttosto fatto la figura del «fesso». Ma non ha attenuanti. In compenso Roman Polanski viene catturato per una condanna per pedofilia e intellettuali, firmatari di altri appelli e, ovviamente i lettori di Repubblica sono tutti a difenderlo. La Repubblica non raccoglie 440mila firme contro la pedofilia. Ma Berlusconi non si ferma e, nonostante il fuoco mediatico mondiale contro di lui, con sprezzo del pericolo, ma non del ridicolo, dichiara ai suoi deputati: «All’estero sono dei gran porconi, e leggendo la stampa italiana, mi chiedono come faccia con le donne e mi danno di gomito. Io non li smentisco, anzi: gli dico che uso tutte le pilloline». Parola di «Repubblica 2000» che invece di sorridere e con mancanza di senso del ridicolo superiore a quella di Berlusconi stesso, continua la sua crociata, confidando anche nel sempre deprecato sostegno dei vescovi. Ma non importa adesso anche i vescovi e i preti e la chiesa oscurantista fino a ieri, servono all’obiettivo: la grande manifestazione di oggi (se verrà confermata), anche sul corpo dei morti. Quando la mattina, o la notte in anteprima, apro Repubblica, ho un po’ d’ansia, certo di ritrovare le solite dieci domande e il severo appello dei dolenti giuristi in difesa della libertà di stampa. Una espressione di libertà di stampa che è in realtà una continua minaccia, una campagna denigratoria, una propaganda politica, per la quale si invoca anche la «Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo».
Eppure il voyeurismo di «Repubblica 2000», continuando a rimestare le stesse notizie, si manifesta come una ossessione pur mascherandosi da calcolo scientifico. Più di Berlusconi (che, a mio parere, lo fa apposta), Giuseppe D’Avanzo, Ezio Mauro e i giornalisti di Repubblica, sono completamenti privi del senso del ridicolo e contagiano in modo forse irrimediabile i loro lettori. È abbastanza doloroso leggere le lettere in difesa della libertà nella rubrica quotidiana. Eccone un esempio: «Un manto di nebbia avvolge la nostra coscienza e impedisce ai nostri ragazzi di crescere con capacità critica. Io non voglio questo per i miei figli», firmato Paolo Dalla Pozza.

Insomma il manto di nebbia alla tranquilla valutazione dei fatti mi sembra piuttosto quello che sale dalle pagine di Repubblica, giornale «fissato» in pagine automatiche ripetendo tutti i giorni le stesse cose, interrogandosi con domande di cui la risposta è chiara e invocando quella libertà di stampa che la sua stessa noiosa esistenza dimostra. Liberi anche di essere noiosi.

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