Roma - Riprendere l’iniziativa. Ricompattare le fila. Riconquistare una più solida base sociale. È ricominciata dai cancelli delle fabbriche di Torino il nuovo corso di Rifondazione e del suo gruppo dirigente. Prima di gettarsi nella costruzione di una sinistra unitaria, Franco Giordano, Gennaro Migliore, Paolo Ferrero e molti altri parlamentari e dirigenti di Prc lunedì scorso hanno voluto discutere con gli operai. Un confronto, anche aspro, su che cosa essi si aspettano da Rifondazione: «Gli operai mi hanno indicato le condizioni per stare al governo», ha poi enfatizzato il segretario in un’intervista a Liberazione.
È il primo passo, si potrebbe dire, di quel lavoro politico che Fausto Bertinotti ha indicato come essenziale per ricongiungere la rappresentanza con la politica, magari «reinterpretando la concezione gramsciana di egemonia». Fatto sta, ha dichiarato Giordano, che «la gente non è felice». Un’insofferenza sociale che non trova sempre in Prc una sponda di cui aver fiducia. Anche perché, sottolinea il segretario, «l’identità del governo è a un bivio, anzi è su un crinale ed è destinata a precipitare al di qua o al di là». Troppo forte, sostiene, il «potere condizionante di Confindustria anche all’interno del centrosinistra». Gli imprenditori non esitano a partecipare allo scontro di interessi con la classe operaia «in maniera truffaldina», dice Giordano, chiudendosi alle richieste su pensioni e salari dopo aver «preso i soldi con le facilitazioni fiscali».
Ma non si può «restare equidistanti tra lavoro e impresa», avverte il segretario, che si dichiara preoccupato anche per l’invadenza della Chiesa: «Due fondamentalismi non così lontani l’uno dall’altro, che vogliono il controllo delle nostre vite sia nell’aspetto produttivo che in quello riproduttivo». Individuati i due nemici, ora occorre «dare rapidamente una nuova e più forte rappresentanza al mondo del lavoro».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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