Psicosi stupro: donna si rifugia dai carabinieri

I militari fanno terra bruciata intorno ai clandestini

La soffiata sembrava quella buona: nella ex stazione di Porta Vittoria, dove domenica all’alba una donna era stata violentata da un nordafricano, si aggirava un magrebino «sospetto». Immediatamente veniva predisposto un servizio di appostamento e alla fine l’uomo veniva fermato e portato in caserma. Falso allarme: purtroppo non era lui. È tuttavia un segnale di quanto i carabinieri prendano sul serio anche la minima segnalazione e come abbiano ormai puntato la massima attenzione sui luoghi di aggregazione di cittadini nordafricani, per riuscire ad ammanettare il violentatore.
Secondo la dichiarazioni della vittima, una signora di 40 anni che domenica alle 6 si stava recando al lavoro, l’uomo che l’ha aggredita aveva infatti i tratti indiscutibilmente nordafricani. Un individuo sui 35/40, alto 1.75, maglietta e jeans neri. Il bruto l’ha intercettata per strada, prima tentando di fermarla con una scusa. Poi quando ha capito che la donna non si sarebbe fermata l’ha minacciata con un pietrone, portata dentro la «boscaglia» cresciuta nell’ex stazione di Porta Vittoria, minacciata e violentata ripetutamente. Alla fine le ha preso soldi, cellulare e catenina d’oro ed è scappato via, rinnovandole le minacce di morte se avesse denunciato l’aggressione.
Le indagini si sono subito presentate piuttosto difficili data la descrizione piuttosto vaga fornita dalla donna. A parte i tratti arabi, non è stata infatti in grado di aggiungere particolari significativi: una cicatrice piuttosto che un tatuaggio. Lo stesso identikit, disegnato seguendo le indicazioni della donna, risulterebbe piuttosto vago e anche per questo gli inquirenti sono ancora dubbiosi se diffonderlo o meno alla stampa. Potrebbe generare un catena di falsi allarmi, dannosi alle indagini.
Gli investigatori stanno comunque proseguendo con le consuete procedure. Per prima cosa la raccolta e catalogazione dei reperti lasciati dal violentatore, come le sigarette fumate sul posto. Potranno fornire la sequenza del Dna e rappresentare la «prova provata» della sua colpevolezza nel caso fosse identificato. Parallelamente è iniziato un forte «pressing» sugli immigrati con costanti e serrati controlli nelle aree dove sono soliti aggregarsi cittadini provenienti dal mondo arabo.
E a un certo punto sembrava che l’azione «di disturbo» potesse dare i suoi frutti. Infatti proprio nei pressi del luogo dello stupro veniva segnalata la presenza di un tunisino. I carabinieri si sono appostati in zona, l’hanno atteso e quando è rientrato nella baracca costruita a ridosso dell’area dismessa l’hanno bloccato e portato in caserma. Ma le sue caratteristiche fisiche erano talmente diverse dalle indicazioni fornite dalla vittima che non è stato neppure necessario il confronto con lei per escludere ogni sua responsabilità.
Non dovrebbe invece aver nulla a che fare con la violenza di domenica, l’episodio capitato a una ventenne un paio di giorni prima. Venerdì pomeriggio la ragazza stava camminando lungo viale Umbria quando si è accorta di essere seguita da un magrebino che poi ha cercato di «rimorchiarla». Senza comunque nemmeno provare a sfiorarla.

La giovane si è comunque spaventata e, a scanso di equivoci, trovandosi a passare davanti alla sede della compagnia Monforte, si è infilata dentro, raccontando poi l’episodio al piantone. Difficile dunque collegare i due fatti, anche perché la donna violentata ha più volte ripetuto ai carabineri di non aver mai visto prima il suo aggressore aggirarsi in zona.

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