Cronaca locale

Tra pudori, cravatte e juke-box sfilano i ventenni degli anni ’50

Ristampato «Il Carnevale a Milano», romanzo d’esordio di Raffaele Crovi

Alessandra Iadicicco

Nella Milano di cinquant'anni fa si giocava a flipper, si ascoltava il juke-box e si indossavano i blue-jeans, ma gli studenti neanche per andare a donne trascuravano di mettersi la cravatta, fosse pure male annodata. Per le ragazze «il pudore non era più una difesa», ma un giovane uomo poteva difendere il proprio in una città campionessa di reticenza. I venticinquenni temevano di invecchiare e avvertivano la maturità, la responsabilità, la «serietà» come un oscura minaccia, eppure il ricordo di quel presagio fatale si festeggia - oggi che si è avverato - come un rinnovato Carnevale.
In «Carnevale a Milano» (riedito da Avagliano, 116 pp. 11 euro), scriveva cinquant'anni fa Raffaele Crovi, allora poco più che ventenne: «Uscimmo senza aggiustarci le cravatte»; «mi pareva di poter camminare più libero, raccolto in me stesso, capace di difendere il mio pudore d'uomo, in una città che ha un suo pudore»; «forse diventeremo deputati o segretari di partito, e saremo vecchi anche noi». Scriveva così, e dava voce - prestando la sua di narratore al proprio alter ego Sergio, protagonista, in una Milano del 1955, del suo romanzo d'esordio (Feltrinelli 1959) - alla gioventù studentesca di allora.
Gioventù adesso invecchiata: come era presentito e fatale. Ma, quel che è più grave, afflitta già ai tempi d'oro del carnevale dalla malinconia, dalla paura di non farcela, dall'ansia di crescere «senza ancorarsi a nulla».
Non è andata così. E oggi, forse, Raffaele Crovi si è perfino tolto la cravatta della sua vecchia maschera di studente. Certo deputato o segretario di partito non ci è diventato. Autore, invece: saggista, romanziere e poeta che, dei dorati anni giovanili, ha perpetuato lo splendore in cui era avvolto allorché, debuttante, figurava «nella foto di gruppo dell'epoca d'oro delle lettere italiane» - scrive nella prefazione alla riedizione del romanzo Andrea Di Consoli -, accanto a Pasolini, Gadda, Moravia, Vittorini e Calvino, tutti giovani scrittori negli anni Cinquanta.
È un oro che rimane, e continua a brillare nelle lettere di un romanzo «giovane per sempre». Più vivo dell'argento dei capelli di Crovi, oggi 71enne.

Vivace come il Carnevale.

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