Pugni chiusi, bandiere rosse e promessa che per «fascisti vecchi e nuovi non cè domani, sono già nati i nuovi partigiani». Tic e slogan della piazza, accolti col sorriso dai promoter della sinistra no global: don Gino Rigoldi, Moni Ovadia, Renato Sarti e Nico Colonna. Cognomi dellintellighentia che ha invitato Milano a manifestare contro chi «ha preso a sprangate fratello Abba non per paura o per legittima difesa», ma volendo compiere «un delitto a sfondo razzista, mosso da odio e rancore». Refrain ripetuto allinfinito, quasi fosse un mantra da imparare a memoria e, quindi, a cui credere. Nonostante tutto. Anche per Lella Costa, Ottavia Piccolo, Paolo Rossi, Bebo Storti e Gino Strada con signora.
Tutti in prima fila al corteo pro-Abba, con faccia da circostanza, rabbia doccasione e abbigliamento da girotondini dessai. Insieme a loro anche Onorio Rosati (Cgil), Giansandro Barzaghi, assessore provinciale allIstruzione, la collega Irma Dioli, la famiglia Fo-Rame e da Radio Popolare il duo Alessandro Robecchi-Sergio Serafini. Tutti a sventolare quellappello anti-razzista firmato allindomani dellomicidio non razzista avvenuto in via Zuretti. Dietro questa sparuta pattuglia di compagni in Spe, servizio permanente effettivo, sono in cinquemila a urlare e inveire contro la città che ha scelto di non scendere in piazza per non far strumentalizzare lindignazione e il dolore e nella consapevolezza che lintolleranza non è certo il male di Milano.
Anche i volti noti dellintellighentia, naturalmente, picchiano duro sul futuro dei milanesi: ma quando la piazza è calda, quando ribolle di anti-razzismo viscerale e antifascismo dordinanza e un corteo non autorizzato dà fuoco alle polveri, beh, loro si fanno da parte. Come dire: da lì in poi, quel che accade non è più roba nostra.
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