Fabrizio Graffione
King Mission è un ragazzone dalla pelle olivastra, le braccia e il collo pieni di tatuaggi, l'orecchino e i capelli a spazzola. Indossa un paio di occhiali da vista, una maglietta extralarge colorata, un paio di scarpe da basket, i pantaloncini corti con i tasconi da cacciatore. Jaime Rivera ha 25 anni, la stazza è quella di un lottatore di sumo. Anche lui ha i lineamenti da sudamericano come il suo ex rivale. L'abbigliamento è uguale, ma i tatuaggi significano l'appartenenza ad un'altra gang. Sono volati l'altro giorno dagli Stati Uniti in Italia per venire a siglare, insieme ai capi delle rispettive bande, i Latin King e i Neta, la «Dichiarazione di Genova» cioè la pace fra le rispettive «organizzazioni di strada» giovanili.
Ci volevano loro, i capi indiscussi a livello mondiale, per fare finire la guerra tra i gruppi che nella nostra città, conta circa 150 ragazzi, ma anche ragazze, prevalentemente ecuadoriani. Ci sono voluti mesi di mediazione e di lavoro del sociologo genovese Luca Queirolo Palmas e del suo team di ricercatori, aiutati dai colleghi Mauro Cerbino, Luis Barrios e Carlos Feixa. Gli studiosi hanno prima contattato i capi delle bande su Internet attraverso le chat. Poi sono andati a parlarci di persona.
Con loro, domenica pomeriggio, si è presentato anche l'assessore comunale alla cultura Luca Borzani che ha garantito l'aiuto di palazzo Tursi a intraprendere un colloquio se i giovani dimostreranno di volere stare dentro la legalità e di rinunciare ad atteggiamenti violenti. I ragazzi hanno risposto, come primo impegno, di volere partecipare alla cancellazione dei graffiti che hanno imbrattato la città. Soprattutto dove abitano, da Certosa a Sampierdarena, nel centro storico, a Cornigliano. Lo hanno ribadito anche ieri sera durante l'incontro nell'auditorium di piazza Sarzano. I trecento partecipanti al primo convegno hanno ascoltato le proposte di non violenza degli antropologi dell'università e hanno applaudito alla stretta di mano fra i capi mondiali delle fazioni. Tutti a salutarsi con il tradizionale amor de corazon, l'indice e il medio della mano destra, cioè, che tocca prima il cuore e poi s'incrocia con quello dell'altro compagno di strada. Tutti, anche le ragazze, cioè le latin queens e le netas, che hanno affollato la sala. Quasi tutti ecuadoriani e sudamericani. Alla fine, sotto l'occhio vigile delle istituzioni, oltre che di alcuni agenti della Digos, il monito di Borzani.
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