Puniamo chi prende denaro a basso costo e poi si rifiuta di prestarlo alle aziende

Caro De Felice, fossero tutti come lei sono certo che l’Italia incenerirebbe il Pil degli Stati Uniti. La nostra ricchezza è proprio data dai tanti italiani che non mollano, che reggono l’onda avversa con il timone stretto fra le unghie, trovando il modo di proseguire creando ricchezza e lavoro per sé e per gli altri. È inutile che le dica che ha ragione, che le banche hanno stretto di colpo il rubinetto del credito a tutti, buoni e cattivi, nuovi e vecchi clienti. Se ne è accorto da solo e nella maniera più dura, quindi posso aggiungere poco. L’unica scusante che offro al sistema bancario è il panico, molti dirigenti di istituti di credito hanno avuto veramente paura di fallire. La loro reazione però è stata quella di barricarsi in casa tremando davanti all’inondazione, sordi a chi batteva alla porta chiedendo aiuto. Adesso che il panico sui mercati è finito non ci sono più scuse.
Non credo che il sistema giusto però sia una garanzia statale sui prestiti: purtroppo siamo un paese di furbi e i danni di chi ne approfitterebbe senza merito sarebbero forse superiori ai benefici. Ci vorrebbe piuttosto un provvedimento per punire quelle banche che si stanno approvvigionando di denaro a bassissimo costo senza metterlo in circolo o impiegandolo in investimenti parcheggio a zero rendimento. Pensiamoci. Nell’attesa, si tenga stretta la piccola banca che l’ha aiutata, la pubblicizzi come può e si prepari invece una bella risposta per defenestrare chi, mandato dal suo vecchio istituto di credito, verrà prima o poi a proporle un «vantaggioso» conto.

Le banche si possono cambiare e chi si è dimostrato sordo con un cliente fedele nel momento del bisogno non merita nulla, men che meno il nostro denaro e la nostra fiducia. Una forte e rispettosa stretta di mano dal suo Giornale.

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