PUNTI DI FUGA

Si odono nuovi venti di guerra sulla scuola dove non solo la Cgil, ma anche le sigle autonome e la Cisl, minacciano uno sciopero generale contro le riforme del ministro Gelmini in approvazione in Parlamento. Hanno ragione? Verifichiamolo.
Si paventa la riduzione delle risorse come motivo di un ulteriore peggioramento della qualità della scuola italiana. Si dimentica tuttavia che siamo già nei primi posti, tra i Paesi dell'Ocse, come spesa per istruzione primaria e secondaria superiore, ma ciò non incide sulla qualità. Hanushek, studioso di sistemi scolastici, ha infatti dimostrato che non esiste correlazione tra spesa per la scuola e sua qualità. Inoltre l'Italia ha già un numero di ore di insegnamento elevato (nella fascia 7-11 anni supera del 20% la media dei Paesi Ocse), ma ai primi posti per la qualità nell'apprendimento vi sono Paesi dove si sta a scuola molto meno.
Il fatto è che, come dimostra un altro grande studioso di sistemi scolastici, Wossmann, determinante per la qualità è piuttosto il grado di autonomia delle scuole per quel che riguarda programmi, budget, determinazione dello stipendio degli insegnanti. Qui stanno le dolenti note del sistema italiano: la spesa del ministero dell'Istruzione è per il 96,98% spesa per il personale che, né preside, né chicchessia, può in alcun modo intervenire a modificare e razionalizzare. Non solo, il numero degli insegnanti in Italia supera quello della media Ocse. Chi oppone il fatto che questo dipenda dalla particolare configurazione del territorio italiano, per cui bisogna assicurare l'istruzione anche nelle aree rurali e di montagna, dovrebbe riflettere sul fatto che la nostra legislazione è stata quantomeno di manica larga nel concedere lo status di «comune montano» a circa 4200 comuni, circa la metà di tutti i comuni italiani! Oppure deve interrogarsi sul perché anche in aree omogenee, socialmente e territorialmente, il numero di insegnanti per classe è molto diverso, segnalando che in certi posti vige un clientelismo ammantato da ragioni sociali.
Pur rispettando le garanzie sociali, occorre chiedersi inoltre se sia davvero necessario un numero così elevato di insegnanti di sostegno (oltre il 10% degli insegnanti complessivi), con un costo che è arrivato a superare i 4 miliardi di euro, al punto che lo stesso governo Prodi aveva predisposto norme ancora non attuate per un accertamento più rigoroso degli handicap.
La verità è che si è usata la scuola come strumento per creare occupazione fittizia a discapito della qualità e contro gli stessi insegnanti che hanno una paga da fame e non proporzionata al merito.

Per questo la guerra dei sindacati contro una riduzione del personale, prevista soprattutto con la non sostituzione di parte del personale che andrà in pensione nei prossimi anni, è pura e prepotente battaglia corporativa che ignora, oltre alla realtà dei fatti, le associazioni professionali degli insegnanti e il giudizio di ogni cittadino, utente del servizio. Si abbia il coraggio di ignorare il loro sciopero che è «generale» solo nei proclami.
*Presidente Fondazione per la Sussidiarietà

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