Le «Pupe» della Barale? Sono più finte dei loro décolleté

RomaChi era Dante Alighieri? «Un capo indiano». E Leonardo Da Vinci? «Un cantante pop». Se qualcuno ancora ricorda senza inorridire gli strafalcioni delle concorrenti a La pupa e il secchione, si prepari a nuovi raccapricci. Dal 18, per otto domeniche, in prima serata su Italia 1 (ma anche dal lunedì al venerdì alle 14.05, e ogni mercoledì in seconda serata) ecco altre perle d’ignoranza purissima. Che mestiere fa l’onorevole Maroni? «Il ministro degli internati». Chi era Garibaldi? «Un pastore sardo». Come si chiama il Presidente della Repubblica? «Napolillo». Testuali risposte tratte dalla seconda edizione del programma Endemol, curato da Simona Ercolani e condotto da Enrico Papi, stavolta accanto a Paola Barale (in sostituzione di Federica Panicucci). Vette d’ignoranza di tale sublimità da chiedersi quanto educativo - per non dire credibile - possa risultare il programma stesso. «Ma le nostre pupe sono delle ignoranti autentiche: non fingono - è la rassicurante risposta della Ercolani -. Devo dire anzi che è stato faticosissimo trovare delle incolte “vere”. Pur di essere scelte, infatti, molte aspiranti fingevano d’essere addirittura delle capre». Rassicurati sull’autenticità dell’incultura delle ragazze, che dire della figura che la donna in genere fa in questo programma? «Ma se in giro ci sono tali abissi d’ignoranza la colpa è della scuola, mica nostra - ribatte l’autrice -. Noi stessi ne siamo rimasti stupiti: non credevamo alle nostre orecchie». E la responsabilità di proporre esempi così diseducativi non vi preoccupa neppure dopo l’invito del presidente Napolitano, a non proporre in tv modelli femminili sbagliati? «L’invito del Presidente mi ha colpito, lo ammetto. Avevamo pensato a invertire i fattori: a fare cioè “Il pupo e la secchiona”. Ma - per quanto sembri incredibie - non siamo riusciti a trovare delle ragazze che, pur colte, ammettessero anche d’essere fisicamente trascurate e quindi, come i loro omologhi maschi, bisognose di «cure estetiche». Bisogna riconoscerlo: le donne sono troppo permalose, e su questo sono rimaste indietro, rispetto all’uomo».
«Non è perché il nostro programma si chiama La pupa e il secchione, che non è di qualità - protesta Paolo Bassetti, della produzione Endemol -. È un programma di genere; un genere che noi cerchiamo di fare al meglio. Certo, non l’avremmo mai proposto ad una tv pubblica. E infatti l’abbiamo offerto alla tv commerciale».
La vera novità del programma sarà il ritorno di Paola Barale. A parte il «cameo» quale inviata de La talpa, dopo ben nove anni (e cioè dalla Buona Domenica che vide clamorosamente raffreddarsi i suoi rapporti con Maurizio Costanzo) la conduttrice non era più stata primadonna di uno show. «Perché? Non perché non avessi più voglia di lavorare, come disse qualcuno - spiega lei -. Ma perché avevo voglia di fare cose diverse. E così ho fatto: ho scritto, girato il mondo, interpretato dei film. Anche se ho trovato molti ostacoli sul mio cammino; più di quanti ne avrei immaginati. Fino al giorno in cui il direttore di Italia 1, Luca Tiraboschi, a furia d’insistere ha trovato il momento giusto; quello in cui m’era tornata la voglia di riapparire in tv. All’inizio ero indecisa: non avevo mai visto questo programma. Poi, dopo averne parlato, ho accettato».
Tiraboschi spiega di aver aspettato quattro anni, prima di riproporre La pupa e il secchione, «per due motivi. Per la crisi economica, che ostacolava una produzione inevitabilmente costosa; e per la difficoltà di selezionare i partecipanti, soprattutto i secchioni». «Persone che vivono in un mondo tutto loro, separato e incontaminato - precisa la Ercolani - Non hanno amici, non vedono la tv, non fanno vita mondana».

E allora perché decidono di esporre così il peggio di sé? «Perché sono degli intellettuali, e quindi dei curiosi - spiega Papi -. Il mondo della tv li attira in quanto del tutto ignoto. E vogliono farne esperienza. Come farebbero in un esperimento scientifico».

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