Pure Bellocchio si ricrede: resto di sinistra ma col dubbio

Dati troppo precocemente per bolliti, sono stati due ultrasettantenni e un sessantenne che lo sembra a mettere a soqquadro questa 68ma edizione della Mostra del cinema giunta finalmente al suo ultimo giorno. Roman Polanski, anno di nascita 1933, premio Oscar per Il pianista nel 2003; e William Friedkin, classe 1935, anche lui premiato con l’Oscar nel 1972 quando aveva solamente 37 anni per Il braccio violento della legge. Portano la loro firma Carnage e Killer Joe, i due film più apprezzati dalla critica specializzata italiana e internazionale presente al Lido. Roman e William, tanto diversi per storia, ma entrambi di origine ebraica e amanti del genere thriller-poliziesco, compongono un drappello di vecchi-giovani leoni che comprende anche Abel Ferrara e David Cronenberg (classe 1943), qui con la storia del triangolo sessual-psicanalitico tra Freud, Jung e Sabina Spielrein. In fondo, la commedia del francese ma polacco d’adozione Polanski e il noir dell’americano Friedkin hanno molti tratti in comune. Il primo fa a pezzi il totem del politicamente corretto, il secondo la favola di Cenerentola e del principe azzurro che fa il detective di Dallas ma qui arrotonda come spietatissimo sicario. In tutte e due le storie, entrambe tratte da pièce teatrali, a uscirne a pezzi è la famiglia, quella altoborghese da una parte, quella ultrapopolare dall’altra. Feroce e con dialoghi sul filo del rasoio tra i quattro protagonisti, Carnage, violentissimo e pulp fino all'eccesso, Killer Joe, tutti e due spingono sull’acceleratore del grottesco.
Più riflessivo e realizzato con molti meno mezzi è invece 4:44 Last Day on Earth di Ferrara, classe 1951, il regista di origine italiana ma con un vissuto alle spalle che lo fa sembrare più avanti negli anni e lo aveva già fatto iscrivere di diritto al clan dei tromboni. Qui siamo nel loft di una pittrice d’avanguardia (la compagna del regista Shanyn Leigh) e del suo uomo (Willem Dafoe, attore feticcio di Abel). Il benessere abbonda e la modernità tecnologica pure però c’è un particolare: domani finisce il mondo. Ecco l’idea, un tantino celentaniana: come ti prepari? Che cosa salvi nelle tue ultime ore di vita? Anche quello di Ferrara è, a suo modo un film teatrale, girato in interni, con due, massimo tre location. Che però è cinema vero, come a dire che, quando c’è un’idea forte, si può fare un buon lavoro, senza troppi eccessi.
Contemporanei, irriverenti, sulfurei e capaci di cavalcare l’innovazione narrativa, Polanski, Friedkin e Ferrara hanno dato parecchi punti ai colleghi rampanti, ma già molto compresi del proprio blasone. A dimostrazione che se si possiedono ironia, buone idee, capacità di divertirsi lavorando e di non prendersi troppo sul serio il più è fatto. Lo show improvvisato da Friedkin all’incontro con la stampa («Chi non ama i fratelli Coen esca da questa stanza». «Io amo molto anche Fellini. Ma i miei film non sono nemmeno paragonabili ai suoi.

Quando me l’hanno presentato mi sentivo un apostolo») andrebbe mostrato a tanti nostri ancor giovani ma già rancorosi cineasti, pronti a incolpare il pubblico dei loro insuccessi. Chissà, però, se la lezione servirebbe.
MCav

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