Cronaca locale

Qual è il progetto Milano? Pisapia ce lo dica (se lo sa) La sinistra ha sempre accusato Albertini e la Moratti di pensare una città senza prospettive. Ora parla di ascolto e accoglienza e dialogo multietnico

«Qual è la Milano che ha in mente il sindaco?», «Non ha un'idea della città, non ha un progetto, un sogno, una visione», «La Milano del sindaco non esiste e se esiste nessuno sa com'è». Accuse come queste e altre analoghe, sono state rivolte dall'opposizione ai sindaci milanesi di centrodestra. A Gabriele Albertini per nove anni è stata ossessivamente ritorta contro quell'autodefinizione minimalista, perché puntava tutto sull'efficacia dell'azione amministrativa, di «amministratore di condominio». A Letizia Moratti, invece, durante il suo mandato è stato rimproverato di concentrarsi esclusivamente all'Expo - da lei conquistato, comunque - e di affidare il futuro della città solo al progetto dell'Esposizione universale. Di non immaginare altro, di non pensare ad altro per Milano: «L'Expo non è tutto», «Cosa c'è per Milano oltre l'Expo nella testa del sindaco?». Bene, perché ora quegli stessi non provano a chiedere al sindaco Pisapia qual è la sua idea di Milano, che progetti ha per questa città? Sì, perché finora di concreto non abbiamo visto né sentito nulla, a parte la pioggia acida di nuove tasse e aumenti di tariffe oltre alla esilarante denuncia: «poteri occulti contro di me», fatta sull'Unità dal sindaco dei poteri forti. In compenso, però, retorica tanta, propaganda di più. La città dell'accoglienza, la città aperta, dell'integrazione, del dialogo multietnico, interreligioso e multiculturale. E poi l'ascolto, tanto ascolto, dei cittadini, delle associazioni, della mitica società civile.
Peccato però che, chiacchiere a parte, nulla di concreto è stato fatto ma neppure annunciato. Per, ad esempio, realizzare la «città dell'accoglienza»: dove mettiamo i «fratelli rom» di cui Vendola ha fatto la struggente apologia in piazza Duomo? Come sistemiamo i profughi e gli immigrati, regolari e clandestini che continuano ad arrivare? Dove e come si svolge il dialogo multietnico e interreligioso, nella decina di moschee ipotizzate una per ogni zona? E vale solo per gli islamici? Oppure si finisce per lasciare tutto come ora, tollerando i campi nomadi non autorizzati, le occupazioni abusive, la preghiera del venerdì sui marciapiedi e continuando a fare affidamento sulla Caritas e sul volontariato?
E poi, a proposito di ascolto e di consultazione della città: qualcuno ci ha chiesto forse come la pensavamo sull'introduzione dell'addizionale Irpef, sull'aumento delle tariffe Atm e della Tarsu? Nessuno è stato consultato. Vuol dire che l'ascolto e la consultazione della società civile promessi da Pisapia si fanno solo per gli argomenti che non toccano le tasche dei milanesi, cioè privi di concreta rilevanza. Ma forse neppure per questi, visto che l'assessore alla Cultura Boeri ha aperto a freddo un inutile caso - tipica polemica agostana sul nulla - sulla migliore sistemazione del Quarto Stato di Pelizza da Volpedo, che sta benissimo al Museo del Novecento, senza aver prima sentito né consultato nessuno, neppure fra gli addetti ai lavori.
E poi l'Expo. Se pure la Moratti non avesse altro in mente che l'Esposizione universale, be', era già un bel progetto di sviluppo per la città. Era un bel modo di pensare Milano. Cosa contropropone la maggioranza arancione di Pisapia? Chiede sempre più insistentemente, sulla scia dell'ideologia nullista della sinistra estremista e verde, di cancellare l'Expo o, almeno, di «ridimensionarla radicalmente». In sostanza per il 2015 il la sinistra offre a Milano l'alternativa fra una pessima figura e, nel migliore dei casi, una brutta figura.
Sarebbe questo, dunque, il progetto, l'idea, il sogno, la visione che la giunta Pisapia e la sua maggioranza nutrono per la nostra città? Non sono ancora passati i fatidici 100 giorni, non è ancora finita la proverbiale «luna di miele» con la città e già possiamo dire che la giunta Pisapia ha una sola idea di Milano: tasse e aumenti.

Di altro non si ha notizia, e la luna di miele diventa luna di fiele.

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