Qualche volta è a «pensar bene» che si fa peccato

Caro Granzotto, «Honni soit qui mal y pense». Io purtroppo faccio parte di quella vituperata, esecrabile categoria di persone di cui al motto dell’Ordine della Giarrettiera. E sì perché, per quanto mi sforzi, non riesco proprio a pensar bene di certi personaggi politici. Di Vendola mi piacciono moltissimo le narrazioni, anche se a volte non le capisco, ma questo è dovuto soltanto al mio scarso comprendonio. Poi però se leggo della sanità nella sua regione... Fini è bravissimo a pontificare e a criticare il presidente Berlusconi, però dimostra scarsa memoria delle sue vicende private. Bersani mi sembra piuttosto fuori fase. Franceschini, edotto in Costituzione, esterna sempre come un maestrino supponente alle prime armi. Il balbettio di Prodi non mi convince. Come veniva definito in Europa? D’Alema, vero esperto in bombardamenti, di questi tempi mi preoccupa un po’. E poi cos’è tutto questo nazionalismo da parte di chi nel cuore, ma non solo, sventola ancora bandiera rossa? Insomma, devo fare ammenda perché tanti, troppi personaggi non mi vanno a genio. La colpa è soltanto mia. Cosa ne pensa? Dovrei andare in analisi?
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Nel caso nostro, gentile lettrice, non si addice la nota massima attribuita a Giulio Andreotti ma che forse è di quel padre Pintacuda che ne combinò una più di Bertoldo: a pensar male si fa peccato ma ci si azzecca. Perché vede, azzeccarci ci si azzecca e su questo non ci piove. Però non si pecca. Grande peccato sarebbe invece il pensar bene di quelle sagome di un Fini o di un Franceschini. Peccato d’intelligenza o peccato di conformismo, decida lei. Né si addice, sempre nel nostro caso, il motto dell’Ordine della Giarrettiera (che di questi tempi dove è tutto un volare di lingerie, tutto uno sbirciare e orecchiare, casca a fagiolo. A perdere la giarrettiera fu la contessa di Salisbury e a risistemarla al suo posto con abile maneggio fu Edoardo III. I presenti, neanche fossero la procura di Milano, si diedero di gomito vedendovi la prova che i due, sì, insomma, s’erano dilettati col bunga bunga e il re li fulminò con quel honni soit, si vergogni, sia disonorato chi pensa male. Bei tempi). Oggi come oggi honni è chi pensa bene di Prodi, e qui in Italia ce ne sono non pochi di «sinceri democratici» che lo fanno e magari lo rimpiangono anche. Ma quando se ne andava tronfio come un tacchino nei panni di presidente della Commissione europea, gli europei non ebbero su di lui che mali pensieri. «Il peggior presidente che la Commissione abbia mai avuto. Sotto il suo regno l’esecutivo europeo ha perso ogni autorità morale e politica», così lo liquidò, a nome della gauche internazionale, Libération. E l’Economist, l’autorevole Economist tanto preso sul serio dai prodiani? «Durante le riunioni non si capisce mai se Prodi stia dormendo o pensando». Lasciando poi intendere che era buona la prima.
Questo è solo un assaggio e potremmo continuare a divertirci, elencando i giudizi su Prodi, ma sarebbe come sfondare una porta aperta che è chiusa solo per i nostrani progressisti. I quali sostengono di essere antropologicamente diversi da noi poveri scemi liberali e in effetti è così. Niente ci unisce antropologicamente al Gran Farfuglione, nientissimo a quella rosa mammola di Nichino Vendola.

Vada dunque tranquilla, gentile lettrice, tenendosi alla larga dal divano dello psicanalista, buono caso mai per Massimo D’Alema, bisognoso di chiarirsi le idee (la famosa «presa di coscienza»). Prima delle quali se il titolo che gli viene attribuito di uomo più intelligente della sinistra sia un garbato convenevole o una presa per i fondelli (e in questo caso, buona la seconda).
Paolo Granzotto

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