Controstorie

Ma quale accoglienza L'Ong simbolo di Lesbo trafficava esseri umani

Raffica di arresti nell'isola. In carcere anche la profuga «eroina» Yursa Mardini

Lesbo, l'isoletta greca di fronte alle coste della penisola anatolica, è da sempre in primo piano quando c'è da parlare di immigrazione. Attirando idealisti e operatori umanitari, fino all'accordo siglato nel marzo 2016 tra Unione europea e Turchia, è stata il principale punto di accesso al Vecchio Continente. Le autorità greche hanno stimato che sono 114 le Ong e 7.356 i volontari che operano solamente nell'isola di Lesbo. Al punto che i funzionari locali sono arrivati a parlare di una vera e propria «fabbrica dell'immigrazione», con le Ong che agiscono come «fattore di attrazione». Ed evidentemente non si sbagliavano.

Ve le ricorderete Sara e Yursa Mardini, le due sorelle siriane balzate agli onori della cronaca perché nel 2015 si tuffarono dal loro gommone che aveva imbarcato acqua e, proseguendo a nuoto, consentirono ai 18 immigrati di non affondare. Raggiunsero tutti l'isola di Lesbo, ma alle due sorelle toccò anche la gloria. Eroine del nostro tempo, ispireranno il regista britannico Stephen Daldry a raccontare la loro storia su una pellicola, Yursa parteciperà alle Olimpiadi di Rio nella squadra dei rifugiati ed entrambe saranno delle star a Berlino.

Ma soprattutto Yursa si darà subito al volontariato: ambasciatrice dell'Unhcr, collaborerà presto e a più riprese con l'Emergency Response Center International (Erci) - Ong di Lesbo. Ma oggi la ventitreenne è dietro le sbarre della prigione di Korydallos, una struttura di massima sicurezza nel capoluogo insieme ad altri suoi colleghi dell'Erci. È accusata di contrabbando, spionaggio e appartenenza a un'organizzazione criminale. Secondo la legge greca, la Mardini potrebbe restare dietro le sbarre per i prossimi diciotto mesi.

Le manette sono arrivate qualche settimana fa e con lei sono stati arrestati il direttore del campo di Erci, Nassos Karakitsos, un ex ufficiale della forza navale greca, e Sean Binder, un volontario tedesco che vive in Irlanda. Le autorità greche hanno seguito il caso per sei mesi e così, in una lunga dichiarazione, la polizia di Mitilene ha affermato che mentre si atteggiava a organizzazione non-profit, Erci aveva in realtà agito con l'unico scopo di trarre profitti, portando persone illegalmente in Grecia attraverso le isole dell'Egeo nord-orientale. Le indagini sono iniziate a febbraio, quando la polizia ha fermato proprio Mardini e Binder alla guida di un fuoristrada militare con targa falsa.

In men che non si dica gli arresti si sono moltiplicati: in trenta, e tutti membri della Ong greca Emergency Response Center International, sono stati arrestati per il loro coinvolgimento in una rete di traffico di persone che opera sull'isola di Lesbo dal 2015. Secondo la polizia greca, l'Erci ha messo su letteralmente «una rete criminale organizzata che ha sistematicamente facilitato l'ingresso illegale di stranieri». Contraffazione, spionaggio e monitoraggio illegale sia della guardia costiera greca che dell'agenzia di frontiera dell'Unione europea (Frontex), allo scopo di ottenere informazioni riservate sui flussi di rifugiati turchi, non sono accuse banali. Attualmente sono in carcere sei greci e ventiquattro cittadini stranieri.

L'Erci si è sempre definita come «un'organizzazione greca senza scopo di lucro che fornisce risposte di emergenza e aiuti umanitari in tempi di crisi. La filosofia di Erci è di identificare le lacune degli aiuti umanitari e intervenire per assistere nel modo più efficiente e di impatto». Eppure, nonostante la sua dichiarata missione e il profilo non profit, l'Ong ha guadagnato notevoli somme di denaro dal suo servizio di «canale» per attività illegali. Per ogni immigrato clandestino aiutato a entrare in Grecia illegalmente, l'organizzazione ha intascato circa duemila euro, allestendo, poi, un vero e proprio «business dell'integrazione». Infatti, dai vari programmi governativi (nutrizione, istruzione e alloggio) l'Erci si aggiudicava circa 5mila euro a immigrato per introdurlo nella società. E operando indisturbati per anni hanno favorito l'ingresso illegale in Grecia di settantamila immigrati dal 2015.

Il finanziamento delle Ong è un sistema basato sulla «fede», nel senso che tutto ciò che un gruppo deve fare per ottenere il sostegno della politica europea è affermare che la sua missione è quella di promuovere i diritti umani. E poco male se il denaro non viene tracciato.

Ma una simile notizia, per quanto scandalosa, risulta comunque incapace di coprire la portata reale delle attività illegali che gravitano intorno al business dell'immigrazione. Nel 2017, ancora le autorità greche hanno arrestato 1.399 contrabbandieri di esseri umani che si servivano del paravento delle «operazioni umanitarie», e durante i primi quattro mesi del 2018, sono stati fermati 25.594 immigrati clandestini. E probabilmente ancora più preoccupante è il prezzo che la società greca (e non solo) è costretta a pagare in un simile contesto. Sempre stando alle statistiche della polizia ellenica, nel solo 2017 sono stati contati 75.707 reati tra furti e rapine, di questi il 40 per cento per mano di immigrati clandestini.

Con il governo della Grecia in grave crisi nel gestire l'emergenza migratoria e salvaguardare la sicurezza dei suoi cittadini, è particolarmente sconvolgente scoprire che la principale Ong del Paese, il cui mandato è quello di fornire aiuti umanitari agli immigrati, stia invece approfittando del «contrabbando di esseri umani».

Non si tratta della prima Ong smascherata e non sarà l'ultima.

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