Quale futuro per i notiziari multietnici?

Marina Gersony

La notizia è rimbalzata sui giornali nei primi giorni di agosto: in Francia, nonostante il debutto impeccabile, Harry Roselmack - primo giornalista di colore a condurre il telegiornale di Tf1 delle 20 in Francia dal luglio scorso - è stato oggetto di critiche a sfondo razzista da parte di alcuni spettatori e colleghi («Non ci rappresenta», è stata l'opinione diffusa). Un fallimento, pare, per il ministro dell'Interno Nicolas Sarkozy, fautore dell'operazione mediatico-politica in un Paese dove gli immigrati sono il 7,4 per cento della popolazione e ciò nonostante assenti dalle fiction e dall'informazione, tranne alcune eccezioni. Com'è invece la situazione in Italia? Nei palinsesti nostrani si ricordano alcune trasmissioni come «Nonsolonero», condotto dalla giornalista capoverdiana Maria De Lourdes Jesus. Il programma, precursore dei tempi, era stato ideato per far capire alle comunità straniere e agli italiani che il contesto migratorio stava cambiando e che bisognava superare gli stereotipi diffusi. Altri volti noti del piccolo schermo sono Fidel Mbanga Bauna, giornalista africano del Tg3, uno dei pochi professionisti stranieri a condurre un tiggì italiano oppure la bella Rula Jebreal, giornalista palestinese de La 7. Lo stesso Edrissa Sanneh, più noto come Idris, ha lanciato un telegiornale multietnico qualche anno fa in diverse lingue, in onda su Rete Brescia. L'idea era di una redazione di immigrati da lui guidata, capace di informare la comunità straniera al completo, indifferentemente dall'etnia di appartenenza.

Sulla scia di questi programmi (pensiamo anche a «Un mondo a colori» di Rai 2), nati per dar voce a una popolazione di immigrati in costante crescita, ci sono stati (e ci sono tuttora) diversi tentativi più o meno fortunati sparsi in tutta Italia, a livello soprattutto regionale. Alla luce di quanto accaduto in Francia, c'è da chiedersi quale sarà il destino dei notiziari per immigrati in futuro. Intanto, i giornalisti in erba crescono...

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