«Ma quale ispirazione, per scrivere servono ore di lavoro e umiltà»

da Roma

Il nuovo romanzo di Cathleen Schine, Tutto da capo (Mondadori), è ideale da promuovere a «Libri come», la prima edizione della fiera dedicata al libro e alla lettura chiusasi ieri al Parco della Musica di Roma (con 41.000 presenze in quattro giorni). Al centro del racconto ci sono tre donne. Un’anziana signora che dopo 48 anni di matrimonio scopre l’abisso del divorzio e le sue due figlie. Una è bibliotecaria, l’altra agente letterario. E di loro, della scrittura e dell’editoria ha parlato la scrittrice americana nel suo incontro col pubblico.
Signora Schine i suoi personaggi si muovono sempre in mezzo ai libri: un ambiente un po’ troppo referenziale per un romanzo...
«I miei personaggi nascono dalle persone che incontro e dalla vita che mi circonda. Però poi sulla carta, una volta individuati, hanno piena autonomia».
L’imprevedibilità del romanzo, spiega uno dei personaggi di «Tutto da capo», somiglia all’imprevedibilità del matrimonio.
«Già. A volte riesce, altre no. In effetti non ci si può togliere il piacere di scoprire come andranno le cose poco alla volta. Prenda il mio romanzo I newyorkesi. Sono partita dall’immaginare la vita di un isolato di New York e di quelle persone che si conoscono perché si incrociano quando portano a spasso il cane. E poi ho aspettato di vedere come andava a finire».
In «Tutto da capo» viene data questa definizione di lettore ideale: «Un oppiomane isolato dal fragoroso circo della vita».
«È l’agente letterario a dirlo. Io non lo direi mai».
Il suo lettore ideale?
«Ovviamente non ci penso quando scrivo. Finirei per fare quello che vuole uno stereotipo. Ho però dei lettori di fiducia. Una mia carissima amica, e soprattutto mia madre».
I suoi scrittori di riferimento?
«Jane Austen. E poi Elizabeth Strout. In effetti di contemporanei ne leggo pochi. Quando posso rileggo i classici. In alcuni casi però è dura».
In quali casi?
«Amo Trollope e la letteratura vittoriana. Se leggo “tutto” Trollope, ho poi subito voglia di ricominciare da capo».
Abbiamo parlato di lettore e scrittore. Ma tra loro c’è sempre un terzo incomodo. Qual è il suo editore ideale?
«Oggi non c’è. Tutti gli editori che conosco sono afflitti da grossi problemi economici. I sogni e i gusti sono difficili da assecondare quando non puoi contare su denaro sufficiente. Comunque l’editore ideale è colui che conquista la tua fiducia, ti incoraggia ed è capace di difendere il tuo lavoro con convinzione».
Cosa consiglia a chi vuole cimentarsi nella scrittura?
«Intanto umiltà. Sapesse quanti giovani incontro che vanno in giro dicendo “Sto scrivendo il mio primo romanzo” e poi non arrivano mai fino in fondo!».
Insomma bisogna avere «fiato».
«Direi che sarebbe più utile il basso profilo. In fondo l’arte, l’ispirazione e i sogni sono cose irrilevanti in questo campo».
E cosa conta?
«Ovviamente le buone idee. Conta però il lavoro artigianale. In fondo tra uno scrittore e un buon calzolaio non c’è differenza. Bisogna iniziare poco alla volta.

Magari una pagina al giorno come ho fatto io col mio primo romanzo (Il letto di Alice, ndr). In quei momenti è inutile pensare ai modelli. C’è un foglio da riempire punto e basta. Tolstoj? George Eliot? Inutile pensarci sono irraggiungibili. Tanto vale mettersi l’anima in pace e lavorare».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica