«Ma quali poveri ed emarginati Col crimine si arricchiscono»

«Città più sicure, per ora è solo un disegno». Con questo titolo il Giornale di ieri riassumeva il senso dei provvedimenti varati dal Governo in tema di sicurezza. Titolo dal quale traspariva dubbio, sfiducia, incredulità. Tre sentimenti che ora traspaiono pari pari dalle parole di Marzio Barbagli, sociologo esperto di temi quali immigrazione, criminalità, famiglia.
«No, francamente non mi riesce di vedere all’orizzonte un vero cambiamento», dice Barbagli.
Dunque dovremo continuare ad enumerare serenamente altri episodi di criminalità legati all’immigrazione, nonostante il cosiddetto pacchetto?
«Temo di sì. Sia a destra che a sinistra dello schieramento politico vedo la paralisi. Troppi dissensi ideologici».
A sinistra, soprattutto.
«Ma anche a destra. La legge Bossi-Fini nacque da un pastrocchio, e non ha funzionato. Quanto alla sinistra, quella estrema, che dire? Sarà anche mossa da nobili intenti, come quello di aiutare i poveri e gli esclusi. Ma dimenticano che spesso gli immigrati che delinquono non sono poveri, e che col crimine si arricchiscono. Senza tener conto del fatto che ci sono le vittime dei loro comportamenti, di cui tener conto, e una legge che in quanto tale va rispettata comunque».
Il dibattito si va concentrando ora sul fatto che abbiamo a che fare, malauguratamente, con cittadini comunitari. Tali sono, a tutti gli effetti, i romeni.
«È così. Già nel ’98 i romeni erano il gruppo nazionale che deteneva il record dei furti. Nel 2004-2005 hanno raggiunto anche quello degli omicidi e delle violenze sessuali. E stiamo parlando di cittadini entrati a pieno titolo nell’Unione Europea. Ora dico: se è vero, come è vero, che riusciamo ad espellere dal Paese solo un quarto degli immigrati irregolari, come faremo con questi?»
Qual è, dunque, la legge che manca? La legge di cui un Paese moderno, che non può più rinunciare a una quota di immigrazione, deve dotarsi?
«Abbiamo bisogno di un sistema di norme che favoriscano l’integrazione degli immigrati nel tessuto nazionale, dotandoli anche di diritti politici. Se uno non ha reti amicali, sociali, familiari di riferimento, commette reati più facilmente.»
Cioè?
«Le faccio l’esempio del furto. Uno inserito in un ambiente sociale si domanda: che figura ci faccio, se mi prendono, con i miei genitori, con gli amici, con la fidanzata? Se questo deterrente non c’è, allora le regole saltano».
Di integrazione parlò a suo tempo anche Gianfranco Fini.
«E non credo abbia cambiato idea.

Questo però significa investire risorse, varare dei piani speciali per l’istruzione, mettere gli immigrati in condizione di imparare la nostra lingua. Allo stesso tempo, però, la legge che manca dovrebbe mettere le forze di polizia in condizione di espellere davvero, senza lungaggini e in modo certo, chi alle regole decide di non sottostare».

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