Un altro pezzo della cultura italiana che se ne va. «Letture», la storica rivista fondata nel 1946 dai gesuiti di San Fedele a Milano, e ad oggi tra le più prestigiose in Italia e non solo, con il numero di maggio chiude unavventura durata più di sessantanni. Specchio della crisi del mondo editoriale, e di una società che alle veline di carta sembra ormai preferire quelle catodiche. Non più «Letture», dunque. A dare la notizia è il direttore del mensile, don Antonio Rizzolo, che nelleditoriale dellultimo numero scrive: «La decisione era nellaria da tempo, ma poi è arrivata improvvisa da parte delleditore. La Periodici San Paolo, che aveva rilevato la rivista dai gesuiti nel 1994, ha creduto fin dallinizio nel suo valore e nelle sue possibilità, in linea con il proprio ideale apostolico: annunciare il Vangelo agli uomini di oggi con i mezzi di oggi. In tutti questi anni il nuovo editore ha sostenuto, anche economicamente, la testata, accollandosi il passivo annuo. Ora non è più possibile. Sono però convinto che in questi anni, e in tutta la sua storia, Letture ha sparso molti semi positivi, che hanno dato e daranno frutto».
Il primo seme fu piantato nel 1946, quando i gesuiti, rientrati nella chiesa di San Fedele a Milano dopo oltre un secolo di repressioni, subentrarono nella gestione della «Rivista di Letture» fondata da monsignor Giovanni Casati nel 1904 per «fornire indicazioni morali sui libri ai cattolici». Attorno a un gruppo di uomini di cultura (Giuseppe Valentini, Cipriano Casella, Achille Colombo, ai quali negli anni si affiancheranno Guido Sommavilla, Alessandro Scurani, Armando Guidetti, Giuseppe Brunetta) iniziò la pubblicazione di «Letture»: una «rassegna critica del libro», con recensioni e note brevi su scrittori contemporanei cattolici, soprattutto francesi, come Bloy, Claudel, Mauriac, Bernanos. Il direttore, padre Valentini, capì che per farsi apprezzare dai lettori non bastava dare un giudizio morale sul libro: bisognava intervenire con un giudizio critico ed estetico. Nei primi anni i «giudizi» erano di tipo censorio: furono «vivamente sconsigliati» titoli, anche popolari, come «Agostino» di Moravia, «Santuario» di Faulkner, «Il Muro» di Sartre (mentre testi come «Il Gattopardo» di Tomasi di Lampedusa o «Ragazzi di vita» di Pasolini ebbero riserve, ma anche lodi). In seguito, abbandonata la censura, la rivista si trasformò in rassegna del libro e dello spettacolo, con articoli su cinema, televisione, teatro: una scelta che si dimostrò vincente negli anni 60 con il boom dei cineforum nelle parrocchie e nei gruppi giovanili.
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