Chissà che cosa ne pensa dello sciopero contro la liberalizzazione dellacqua il segretario Pd Pierluigi Bersani. Lui, che da ex ministro aveva tuonato contro il Paese ingessato dai monopoli, lui che della sua famosa lenzuolata sulle liberalizzazioni aveva fatto una bandiera del buon governo, oggi tace. Se nè accorto anche il ministro delle Politiche comunitarie Andrea Ronchi, che del provvedimento è autore assieme al collega di governo Raffaele Fitto, titolare degli Affari regionali: «Mi domando dove sia», ha detto Ronchi ancora ieri, visto che «lo spirito della mia riforma è rompere i monopoli pubblici per migliorare il servizio al cittadino, eliminare gli sprechi e abbassare le tariffe». Come avrebbe voluto fare il centrosinistra, almeno a parole.
Tutti ricordano come Bersani, solo quattro anni fa, si era guadagnato le prime pagine dei giornali con una lapidaria frase, lanciata in unintervista al settimanale Espresso: «Liberalizzare è di sinistra e le regole non si concertano». E ancora: «Vorrei una destra liberale, non statalista». La verità, come sempre, è diversa. A Bersani e a tutto il Pd «brucia» ancora la macchia lasciata in quella lenzuolata che si chiama liberalizzazione del servizio idrico. Al tempo, infatti, il centrosinistra aveva in mente una soluzione molto simile a quella introdotta dal dl Ronchi. Chi si mise di traverso ieri, a metà 2007, è lo stesso alleato che oggi fa comodo vedere in piazza a sfilare contro il centrodestra: comunisti, ambientalisti e movimentismo vario. Allora era scomodo, oggi fa comodissimo.
La questione irrisolta è quella dellaffidamento «diretto» della gestione del servizio idrico a una società partecipata dallo stesso soggetto misto pubblico-privato, senza alcuna gara, come invece avviene oggi nella stragrande maggioranza dei casi. Il privato è già dentro il sistema acqua, ma sotto il comodo ombrello della partecipazione a una società pubblica. Tanto che lex sindaco Pd di Firenze, Leonardo Domenici, lo ha sempre detto: «Nel settore idrico lapertura al mercato funziona. Il punto è non buttare il bambino... con lacqua sporca». Insomma, liberalizzare sarà pure di sinistra, ma per Rifondazione comunista, Verdi e Comunisti italiani resta una bestemmia. Allora erano così affezionati a questo metodo misto dellaffidamento diretto da imporre alla Camera una «moratoria» ai contratti già stipulati tra Comuni ed ex municipalizzate, fino a mettersi definitivamente di traverso, rivendicando persino questo ostruzionismo come un punto fondante del programma di governo: «LUnione mantiene limpegno contenuto nel programma di governo di mantenere pubblica la gestione del servizio idrico integrato».
Questa clausola capestro andò talmente di traverso allallora ministro Linda Lanzillotta che, ormai al crepuscolo dellesecutivo prodiano, si armò di coraggio e azzardò: «Le liberalizzazioni di Bersani vanno nella direzione giusta. Anche se ha subito alla Camera modifiche non positive tanto che al Senato bisognerà rimetter mano alla norma». A cosa si riferiva? «Alle norme sullacqua, perché il testo ha subito qualche incursione da parte di settori della maggioranza e contiene una forzatura non compatibile con le norme Ue e con il buon senso». Ma il coraggio, se uno non ce lha, non se lo può dare. La tempesta annunciata dal ministro Pd naufragò in un bicchiere dacqua, assieme al tutto il governo Prodi. E la liberalizzazione fallì. Lepitaffio venne firmato dallattuale sottosegretario allEconomia Stefano Saglia: «Lanzillotta e Bersani chinano la testa davanti alla sinistra radicale che ottiene lo stop sulle liberalizzazioni nel mercato dellacqua», disse lesponente ex An.
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