Gianni Brera scriveva di Vujadin Boskov: «Lastuto zingaro di Vojvodina». E non ne ha mai ricevuto una smorfia di dissenso. Boskov, per noi italiani senza doppi sensi, era lo zingaro. Qualunque fosse la salsa giornalistica. E non è mai stato un segnale di disprezzo. Nastase, fra laltro romeno, tennista inarrivabile, fu uno zingaro felice (Emanuela Audisio, giornalista di Repubblica). E così pure Guus Hiddink, lo zingaro felice che ha stregato Seul, secondo Gabriele Romagnoli (sempre su Repubblica). Lo zingaro felice attira molto. Di recente Ivan Zazzaroni ha così ribattezzato Sinisa Mihajlovic, quando è approdato alla panchina del Bologna. Felicità durata poco.
Daccordo cè zingaro e zingaro. Ma noi giornalisti dello sport lo abbiamo inteso sempre allo stesso modo: personaggio itinerante, girovago, giramondo, conoscitore del mondo. Poi cè chi esagera e viene punito. Di recente i tifosi della Juve (tifosi, non giornalisti) hanno passato la linea con Ibra, con uno striscione: «Ibrahimovic zingaro infame». E la società ha pagato una multa di 20mila euro per «insulto a sfondo razziale». Quando si passa il limite della civiltà...
Lo zingaro nel calcio è un personaggio che prevalentemente fa simpatia. Mario Gherarducci sul Corriere della sera si è divertito con Boskov, «ineffabile zingaro del pallone». Bora Milutinovic è un indimenticabile zingarone che fa titolo (vedi foto) per le imprese nel calcio di ogni latitudine e per la capacità magnetica di farsi ascoltare quando parla. Non cè lingua che non conosca. Eppoi ti racconta: «Io parlo la lingua della vita». Ma anche Zenga è uno zingaro, solitamente guascone. Il professor Franco Scoglio lo è stato: da Lipari alle panchine africane.
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