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Quando c'era una vera Repubblica delle lettere

Chi si è misurato con il Fondo Comisso della Biblioteca Comisso di Treviso sa di quale incredibile mole di carte sia composto

Quando c'era una vera Repubblica delle lettere
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C'erano una volta, e ci sono ancora, ma ben nascosti, lavori esemplari come questo Epistolario di Giovanni Comisso curato da Giacomo Carlesso per le edizioni De Gruyter. Sono quasi mille pagine nate da un enorme lavoro di ricerca: e chi si è misurato con il Fondo Comisso della Biblioteca Comisso di Treviso sa di quale incredibile mole di carte sia composto. Ma Carlesso non si è limitato a questo tour de force e ha indagato altri archivi. Risultato: mille lettere, una selezione parziale ma ragionata, decine di inediti e non solo di Comisso. Nel volume ci sono infatti anche le lettere a Comisso di corrispondenti come Carlo Emilio Gadda, Umberto Saba, Giuseppe Prezzolini e moltissimi altri. Emerge chiaramente il ruolo di Comisso, mediatore tra il mondo veneto e l'editoria milanese. Emerge anche una piccola (?) repubblica delle lettere, capitale Zero Branco vicino a Treviso, dove risiedeva Comisso. Ne fanno parte Berto, Parise, De Pisis, De Chirico, Palazzeschi, Prezzolini, Saba, Gadda, Longanesi, Furst, Nemi, Contini... E ci fermiamo qua, ma potremmo procedere fino alla fine della colonna. Comisso prepara i suoi libri, consiglia gli amici, caldeggia premi e recensioni (non solo per sé), cerca di fare qualche affare con i quadri di De Pisis e De Chirico. Piuttosto spesso, per fortuna del lettore, si abbandona a raccontare fatti piccoli e meno piccoli con "pennellate tizianesche" come nota giustamente Goffredo Parise in una lettera all'amico e mentore trevigiano. Fatto che rende questo epistolario estremamente leggibile e talvolta addirittura spassoso. Comisso riusciva a essere insieme centrale e defilato, ben inserito ma a distanza.

Fa impressione la rete di contatti: il meglio della cultura italiana, senza troppe distinzioni politiche. Oggi se metti dieci scrittori in una stanza finisce che ne escono con un manifesto per censurare qualcuno. All'epoca discutevano delle proprie opere. Perché avevano delle opere, a differenza dei firmaioli.

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