A Milano un cittadino su due è in sovrappeso e il 13 per cento degli adolescenti è obeso. La  condotta alimentare troppo spesso scorretta, è diventata una vera emergenza. A lanciare  l'allarme gli esperti riuniti al XXII Congresso Nazionale dell'Associazione Nazionale Dietisti  (Andid), che mettono in guardia contro la mania delle ragazzine per le diete, definita in gergo  "dieting", termine che indica la tendenza a sentirsi costantemente in obbligo di stare a dieta.
Ma c'è dieta e dieta. Così come ci sono diversi atteggiamenti e modalità di affrontare un regime  alimentare controllato. Secondo l'associazione nazioanle dietisti, infatti, il 70% delle ragazze  è a dieta, ma non sempre la segue in modo corretto rischiando di trasformare un leggero  sovrappeso in livelli di peso più gravi e contribuendo ad incrementare i casi di obesità, che in  Italia tocca il 33,4% della popolazione (3° Rapporto per l'Obesità in Italia) e costa 11  miliardi di euro l'anno allo Stato. Ma, soprattutto, rimane la frustrazione: il fisico si adatta  alla condizione di ristrettezza bruciando meno calorie e non si arriva mai al risultato tanto  auspicato. Il problema è che si punta sempre al risultato immediato. 
«Il dieting - spiega Giovanna Cecchetto, Presidente Andid - è la tendenza a sentirsi  costantemente in obbligo di stare a dieta, spesso frutto del fai-da-te, senza buon senso, che  porta a diete iniziate e mai finite, incostanti e mal strutturate, che creano la sindrome da  yo-yo, causa numero uno della dipendenza. Lo yo-yo, infatti, è il continuo su e giù del peso,  conseguente ai periodi di dieta severa alternati ad un'alimentazione disordinata e al consumo  incontrollato dei cibi più graditi e golosi e dei cosiddetti junk-foods (cibo spazzatura). La  dieta drastica - continua la presidente Andid - è basata sulla rinuncia e sulla classificazione  dei cibi in "permessi" e "proibiti". In quanto tale è sopportabile per poco tempo. Spesso,  infatti, la rinuncia si espande a un'ampia gamma di alimenti necessari (quali ad esempio il pane  e la pasta) e il risultato è quello di "affamarsi". Molto spesso da questo eccessivo rigore  dipende la voglia incontrollata dei cibi più temuti ed ansiogeni, e la difficoltà a controllarne  la quantità. Da queste perdite di controllo dipendono circoli viziosi di tipo emotivo quali  sensi di colpa, ansia e scarsa stima di sè, che a loro volta portano alla ricerca del cibo e  alla rottura della dieta, con il risultato di riprendere peso e di rimettersi a dieta». 
«Una dieta ultrarigida - precisa Giorgio Bedogni, coordinatore dell'Unità di Epidemiologia  clinica al Centro Studi Fegato di Trieste - non è "sostenibile" e viene abbandonata presto. Inoltre, spesso ci si indirizza verso alimenti che non saziano, eliminando, invece, il pane o la  pasta. Niente di più sbagliato. Alimenti come, per esempio, il parmigiano, hanno lo stesso  potere calorico di un piatto di pasta senza, però, saziare. Si deve, quindi, imparare a mangiare  e, soprattutto, svolgere attività fisica, spesso sottovalutata».
Al contrario di quanto si pensa, invece, una dieta che funziona non deve essere rigida e austera, ma "sostenibile e piacevole" attenta anche al lato emotivo e alla gratificazione, così come raccomandato dall'American Dietetic Association.