Quando gli Editors preferiscono il rock

Editors. Per la serie: quattro rocker britannici spuntati dal nulla pochi anni fa e protagonisti di una scalata al successo a tempo di record. Sia Oltremanica (dove i tre album sin qui prodotti hanno sempre raggiunto il vertice delle classifiche) sia dalle nostre parti. Giusto per contestualizzare: all'ombra della Madonnina i novelli paladini del dark hanno suonato prima al Rainbow, poi al Rolling Stone e, stasera, nel ben più capiente PalaSharp di Lampugnano (la serata si aprirà alle 20 con i set dei Maccabees e dei Wintersleeep; ingresso 25 euro).
A convincere pubblico e critica è stata la naturalezza con la quale il combo originario di Birmingham ha metabolizzato e reso attuali i suoni e le atmosfere cupe, ipnotiche e decadenti tipiche di tanta new wave britannica di 20 e passa anni fa. Dai Joy Division agli Echo and the Bunnymen di Ian McCulloch. E proprio la voce impressionista del leader della formazione di Liverpool così come il canto desolato e apocalittico di Ian Curtis dei Joy Division sembrano rivivere grazie alla cadenza baritonale del carismatico cantante-chitarrista Tom Smith, al tempo stesso lirico e oscuro, tormentato ed evocativo. «Quel che conta per noi è fare un rock che possegga cuore e dia emozioni forti, ma sappia anche intrattenere e, perché no, far ballare»: questo l'Editors-pensiero nelle parole del leader, autore dei testi e di gran parte delle musiche.
Nel nuovo e terzo album «In this light and on this evening», gli Editors hanno fatto largo uso di sintetizzatori, abbandonando quasi del tutto le chitarre elettriche.

Un’istantanea sull'ultima fatica? «È ancora un altro album oscuro, con canzoni alla ricerca di Dio, storie d'amore finite male e certezze sono perdute: dovremmo essere quattro depressi cronici a scrivere storie così? Per niente: se c’è, in un disco così un pizzico di luce brilla 10 volte più forte».

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