«Più osservo i comportamenti di questa classe politica, e più stimo e ammiro Berlusconi. Io ho vissuto e condiviso le sofferenze che gli hanno inflitto e continuano a infliggergli, in questi ultimi 12 anni. I magistrati contro di lui hanno dimostrato di essere animati da un impeto politico, anche grazie al fatto di non dover rendere conto a nessuno del proprio operato. Io vorrei avere un colloquio personale con D’Alema, Fassino e Veltroni per fargli capire le sofferenze che alcuni magistrati hanno causato a Berlusconi. Ascoltare La Torre ammettere che fu sbagliato inviare nel ’94 un avviso di garanzia durante il G8 colpisce. Ma allora non ci fu nessuno che avesse il coraggio di criticare la magistratura».
Non è un errore sparare nel mucchio, come a volte ha fatto il centrodestra?
«La mia concezione della giustizia è quella di Piero Calamandrei che già in occasione dell’assemblea costituente pose l’accento sulla necessità di avere il giudice come figura terza tra l’avvocato dell’accusa e l’avvocato della difesa. Sono assolutamente convinto che la maggioranza dei magistrati in Italia sia formata da magistrati seri, scrupolosi, indipendenti e autonomi da ogni fazione politica. Ma ci sono anche alcuni magistrati politicizzati le cui indagini la sinistra ha cavalcato in questi anni».
Il centrodestra ha scelto un basso profilo sulla Forleo. Non teme che l’elettorato possa non capire?
«Noi non potremo mai diventare giustizialisti perché abbiamo una cultura e dei principi che ci impongono una coerenza. Tutto il contrario di ciò che fa la sinistra che ha mutuato le parole di Scalfaro: “Io non ci sto” e si autoassolve con una telefonata di solidarietà di Prodi a Fassino e D’Alema. È necessario che la sinistra affronti un discorso di verità sui rapporti tra politica e magistratura e sulla sua storia».
Ma lei crede nell’onestà della leadership dei Ds?
«Conoscendo D’Alema, La Torre e Fassino non ho alcun dubbio sul fatto che siano personalmente onesti. Ma questo non significa che il disegno non fosse pericoloso perché era quello - per usare le parole di Latorre - di “cambiare il volto del potere italiano”. Molte cose vanno chiarite. È nella loro cultura l’istinto di costruire un sistema di potere come quello realizzato nelle regioni del Centro-Italia in cui si è compiuta l’assoluta mescolanza tra potere politico e potere economico, anzi in cui non v’è un solo spazio della società civile non dominato e controllato dal potere politico.
«Questo Paese è così impazzito che può verificarsi benissimo il caso che noi ci riconfermiamo garantisti nel momento stesso in cui loro continuano a essere giustizialisti contro se stessi, prigionieri del meccanismo che loro stessi hanno creato. Al di là di questo paradosso noi valuteremo le carte nelle commissioni competenti prima di assumere una decisione definitiva».
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