Per una volta sto con il sindaco. Marta Vincenzi lo ha detto chiaro qualche giorno fa: «Avrei preferito che qualcuno avesse difeso con forza il vecchio Marassi: quello storico, glorioso. E non questo che ha appena ventanni». Difficile darle torto. Nessuna catena umana, nessun «il Ferraris non si tocca», nessuno pronto ad alzare la voce perché facendo cadere quello stadio si sarebbero messi da parte decenni di storia rossoblucerchiata. Dovera allepoca la memoria storica? Cera lurgenza di costruire un impianto moderno per un evento di richiamo internazionale e lo si fece. Ieri come oggi. La storia si ripete.
Ma visto che lidea di uno stadio di proprietà la ebbe anni fa il «nano di Trasta», allora no. Non va bene, stiamo lì «perché il Ferraris è roba nostra». Che poi chissà perché è loro. Eppure, nel lontano luglio del 1987, a dare la prima picconata alla vecchia Nord fu un genoano illustre, anzi, illustrissimo. Lallora assessore allurbanistica Guglielmo Epifani. Le cronache del tempo raccontano di quante volte Paolo Mantovani, deciso a costruire una Sampdoria competitiva in Italia e in Europa, si recò a palazzo Tursi per supplicare che si potesse guardare altrove o, almeno, le modalità per realizzare lo stadio dei mondiali potessero essere meno dolorose rispetto a quel campo dimezzato che arrivò a contare solo 15mila posti. Da qualche anno un imprenditore forse più innamorato di Genova della stessa Sampdoria di cui è presidente, si è deciso a lanciare una sfida alla città.
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