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Quando i frittellari «rompevano» la Quaresima

Delle antiche celebrazioni sopravvive la processione che si svolge nel rione Monti, area dove è forte la presenza di botteghe di carpentieri e falegnami

Nica Fiori

Se non fosse per i bignè di San Giuseppe, che in questi giorni profumano le panetterie romane, può capitare perfino di dimenticare la festa del santo, sostituita com’è da quella esclusivamente commerciale del papà; eppure un tempo, come ricorda Gigi Zanazzo, a Roma era «festa granne, pe’ tutte le case de li cristiani battezzati».
Ciò che caratterizzava la ricorrenza era la presenza dei frittellari che davano una nota di allegria in piena quaresima. L’abitudine di mangiare dolci fritti nel giorno dedicato al padre putativo di Gesù, spesso rappresentato come un vecchio dal bastone fiorito, è da mettere in relazione con l’entrata della primavera e con analoghe usanze risalenti a culti pagani, tuttavia Giuseppe è diventato «frittellaro», perché, secondo alcuni cronisti, avrebbe svolto questo lavoro dopo la fuga in Egitto, anche se la sua attività prevalente era quella di falegname.
I frittellari romani friggevano all’aperto, sotto frasche e lanternoni e affiggevano una serie di sonetti stampati intorno al banco, che vantavano le loro specialità culinarie. I sonetti, come fa notare Donatella Paradisi nel suo Almanacco di Roma, erano «usciti il più delle volte da mani che avevano maggior dimestichezza con la padella che con la penna», e terminavano con versi invitanti, e perfino galanti come questo: «Venite tutte qui Ciumache belle,/ veniteve a magnà le mì frittelle».
Nella chiesa di San Giuseppe dei Falegnami al Foro, costruita dall’Università dei fabbri lignarii sul Carcere Mamertino, si svolgeva una festa memorabile, realizzata dalla confraternita degli artigiani di cui era protettore, ma che coinvolgeva anche le altre categorie artigiane.
Gli ultimi festeggiamenti di massa risalgono ai primi decenni del Novecento, nel quartiere Trionfale, che era stato posto sotto la protezione del Santo.
Fu proprio durante la festa del 1950, ancora simile a una sagra paesana, con innumerevoli bancarelle di specialità gastronomiche, giochi e passatempi, che l’attore Checco Durante scrisse i versi di una preghiera che veniva cantata durante la processione e iniziava con una richiesta di aiuto: «San Giuseppe frittellaro, / tanto bono e tanto caro, / tu che sei così potente / da aiutà la pora gente / tutti pieni de speranza / te spedimo quest’istanza».


Ai giorni nostri, invece, va ricordata la festa in tono minore che si svolge al rione Monti, presso la chiesa di San Lorenzo in Fonte dei Padri Giuseppini (in via Urbana), per la presenza degli artigiani, soprattutto falegnami, restauratori e carpentieri, particolarmente diffusi nell’area dell’antica Suburra.
Purtroppo mancano i frittellari, ma la processione di questa mattina (in programma per le ore 10), con tanto di banda musicale che rallegra il popolare rione, è comunque ricca di suggestiva atmosfera.

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