Quando i prof avevano sempre ragione

Un'opera d'arte in un magazzino aziendale, tra gli scaffali pieni di borse e cinture da consegnare ai negozi che per fortuna hanno comprato e ricomprato le nuove collezioni in barba alla crisi. Succede a Fano, città che ti prende il cuore con il suo centro storico medioevale come la vicina Pesaro incanta con la sua passeggiata sul mare decorata da panchine e case della Belle Epoque. Qui nel 1979 Claudio Orciani fonda l'azienda che porta il suo cognome. All'inizio è poco più che un laboratorio in cui si producono essenzialmente cinture, molto simili a quella che lui un anno prima aveva fatto per sé.
Il successo arriva presto e Orciani deve aggiungere prima un capannone e poi una palazzina per gli uffici. Con lui lavorano amici, parenti e dipendenti che credono nel suo progetto e hanno la stessa smisurata passione per la ricerca. Soprattutto c'è la moglie Luisa che lo sprona ad andare avanti e non rivendica il ruolo di direttore creativo anche se questo di fatto è quello che fa anche quando partorisce due bimbe bellissime e le cresce nel culto del bello e con la cultura del fare ogni giorno qualcosa di serio. Federica appena teenager decide di andare a studiare in Svizzera. Impara le lingue, torna a casa, s'innamora e fa un bambino che cura come sua madre ha curato lei e la sorella: con tanto amore e senza smettere un secondo di lavorare. Si occupa di marketing perché nel frattempo il business è cresciuto, sono arrivate le borse, i guanti, i braccialetti e i charms per cui occorre anche preoccuparsi di questo aspetto della faccenda. La più giovane, Claudia, va addirittura in Cina e impara quella lingua antica che sarà probabilmente la lingua del futuro, ma soprattutto studia sul campo, in una città cosmopolita come Shangai, le nuove tendenze del gusto internazionale.
Tornerà presto a casa per occuparsi dello stile accanto alla mamma che è una donna di rara eleganza. Insomma una gran bella storia di amore e lavoro, la classica famiglia italiana capace di far moda ai massimi liveli. Resta da capire come sia finita un'opera d'arte nel magazzino dell'azienda. «È presto detto - risponde Claudio - per inaugurare la nuova ala dell'azienda abbiamo organizzato una mostra in collaborazione con la galleria Gasparelli di Fano. Tra le opere c'era un grande foglio di carta dipinto a inchiostro di china che doveva assolutamente finire attaccato sul muro tipo tappezzeria. Staccarlo significava distruggerlo, per cui bisognava lasciarlo lì. Ci abbiamo pensato bene concludendo che ne valeva la pena, in fondo l'arte non può e non deve essere nascosta agli occhi della gente».
Del resto la mostra era intitolata Siamo tutti arte, nome più che profetico. È stata aperta al pubblico per due giorni (il 23 e 24 marzo scorsi) e smontata in tempo perché il lunedì si ricominciasse a lavorare.

Per la cronaca l'opera s'intitola Feast and fool e l'autrice è una giovane artista francese che si fa chiamare mad meg come il personaggio del folklore fiammingo dipinto da Breugel il vecchio nel 1561. In questi giorni a Fano c'è una sua personale con stupende rivisitazioni del Trittico delle delizie di Bosch in inchiostro di china su carta.

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