(...) Trasferire alle giovani generazioni le parole indirizzate nel 1978 dal Presidente partigiano Sandro Pertini: I giovani non hanno bisogno di sermoni, hanno bisogno di esempi di onestà, di coerenza, di altruismo. Giovani non armate la vostra mano, armate il vostro animo. Viva l'Italia libera, solidale, repubblicana rispettosa delle diversità e dell'opinione plurale».
Una squadra. Un popolo di tifosi. Un cuore grande così, vicino alla gente e per la gente. Quello dei tifosi del Genoa, dal secolo scorso, è sempre stato un pensiero nobile, etico, sportivo e non politico. I tempi, però, cambiano.
Eppure a novembre i genoani (insieme ai blucerchiati) si erano mossi generosamente, dando una tangibile lezione di civiltà alla Casta, dimostrando ancora una volta l'ineguagliabile solidarietà per i cittadini colpiti dall'alluvione.
Erano scesi a spalare fango in migliaia, mentre i compagni di Tursi facevano la gara al rimpallo delle responsabilità.
In quei giorni, tra i vari blog dei fan del Grifone, si poteva leggere: «Auto blu, campagne elettorali, spese pubbliche inutili e le solite brutte figure delle istituzioni tutte: ma non si poteva pulire meglio i tombini e i letti dei torrenti con tutti quei soldi? Sono 25 anni che esiste il progetto per mettere in sicurezza Bisagno e Fereggiano».
E poi, appena dieci giorni fa, sulla gradinata Nord erano apparsi gli striscioni: «Un grido di battaglia, morte ad Equitalia». «Nessuna solidarietà ad Equitalia», che aveva subito il pacco bomba al direttore romano di Equitalia. Striscioni inaccettabili, da censurare fortemente, e arrivati anche dopo che, accusano alcuni tifosi online, «tre dipendenti genovesi dell'agenzia di riscossione erano stati rinviati a giudizio e poi assolti per un pignoramento e la vendita di un appartamento di un pensionato, malato d'Alzheimer».
Al di fuori dellodio e della violenza degli striscioni, va bene stare a fianco della gente, ma forse sarebbe meglio che i tifosi seguissero quello che è divenuto per loro un cavallo di battaglia più che uno slogan «Ultras no politica», che campeggia da tempo nelle gradinate di mezza Italia e si limitassero a ricoprire (come peraltro egregiamente fanno di solito) il loro ruolo di tifosi.
Con un cuore grande così.
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