Era una bella domenica pomeriggio quando un giovane collezionista coronò un sogno coltivato da tempo: l’acquisto di un’opera di Aldo Mondino, artista torinese amante dei viaggi esotici scomparso nel 2005. La provenienza era lecita e referenziata. Eppure. «Scaricando l’opera dalla macchina mi accorsi con sorpresa che mi era rimasto del colore bianco sulle dita. Chiamai il venditore che, imbarazzato, giustificò l’accaduto con il fatto che i pigmenti usati dall’artista ci impiegavano anni ad essiccarsi...». La ragione era che si trattava quasi certamente di un falso, fatto tutt’altro che strano per artisti come Mondino di cui non esiste un catalogo generale e le cui opere, dopo la morte dell’artista, sembrano moltiplicarsi nelle gallerie. Guai a generalizzare, almeno fino a quando i falsari dell’arte non finiscono nelle mani dei carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale di Monza che proprio ieri hanno messo a segno l’ennesimo blitz, sequestrando dodici opere contemporanee contraffatte e attribuite a maestri del Novecento come Giorgio De Chirico, Giacomo Balla, Mario Sironi e Fernandez Arman. Le «croste» erano spacciate da uno dei tanti intermediari che circolano nel mondo dell’arte, ora denunciato per i reati di ricettazione e contraffazione di beni culturali. Non si trattava, nella fattispecie, di opere «maggiori» ma di repliche più facilmente commerciabili come disegni, oli su tavola e multipli, per un valore complessivo tutt’altro che trascurabile: 350mila euro. Un problema, quello dei falsi nell’arte contemporanea, che ha contribuito a offuscare non poco la valutazione storica di tanti maestri: a cominciare dallo stesso De Chirico, fino a pittori come Mario Schifano, Filippo De Pisis, Giuseppe Migneco.
Un mercato, quello dei falsi, che non ha subito grandi battute d’arresto malgrado il calo di liquidità che ha rallentato anche quello ufficiale. Soltanto nel primo semestre dell’anno, i sequestri di opere oggetto di truffa hanno raggiunto un valore totale pari a 10 milioni di euro. «I casi riguardano sia opere acquistate in galleria sia compravendite gestite da ex galleristi, dealers o semplici privati» sottolinea il comandante del NTP Andrea Ilari che aggiunge: «Oggi il mercato si è diversificato e si estende anche a internet che ospita un gran numero di aste telematiche, dunque i tradizionali controlli si occupano ora anche della rete. Ancora oggi -dice il capitano Ilari- i maggiori rischi riguardano il mercato di fascia medio-bassa, dal momento che per le opere maggiori l’attenzione nella compravendita è molto più elevata e anche la richiesta di documentazione bibliografica da parte degli acquirenti. Va detto che l’istituzione di cataloghi generali redatti dalle fondazioni è di grande aiuto». Già, i cataloghi generali. Se da una parte tagliano la cosiddetta testa al toro sull’ufficialità delle attribuzioni, non necessariamente sono da considerare il vangelo. Il catalogo di Piero Manzoni, il padre degli Achrome e della «merda d’artista», ha certamente messo ordine sui numerosissimi falsi che giravano sul mercato, eppure contiene circa 1.200 opere attribuite, un numero certo sorprendente per un artista morto ad appena 30 anni.
Di fatto, il fenomeno dei falsi assume in Lombardia contorni preoccupanti visto che le inchieste svolte dai carabinieri con la Direzione investigativa antimafia di Milano hanno identificato la nostra regione come il crocevia dei traffici illeciti di opere d’arte.
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