In fondo al cuore ho sempre pensato che il momento sarebbe prima o poi arrivato. La piccola che non è più così piccola ha chiesto il telefonino. Il suo approccio è stato ineccepibile. Ha iniziato con un fintamente ingenuo «dai papà, mi compri il telefonino?», per poi passare velocemente a un efficace «sarebbe così bello dai, a giugno finisce la scuola e a giugno compio gli anni». Non doma ha poi applicato senza averla mai studiata (almeno credo) la tecnica della domanda: «Quanti dei miei compagni hanno il telefonino? Papà, faresti meglio a domandarmi chi non ce l'ha...». Ciò nonostante ho resistito sfoderando il mio jolly. Ho detto: «A settembre vai in prima media, conoscerai nuovi compagni, credo sia importante che tu è tuo fratello impariate prima a far amicizia con i ragazzini della vostra età frequentandovi dal vivo, piuttosto che nascosti dentro sms, what's up, mail e social network
Quelli verranno dopo».
Confortato dal suo sguardo attento, dagli occhi che si facevano grandi, ho pensato che il successivo tentativo di difesa sarebbe stato un cantilenante e ripetitivo «sì, però ti ho detto che ormai tutti ce li hanno...». Invece la mia piccola che non è così piccola, mi ha messo in difficoltà. Perché ha chiesto - e a questo punto sono sicuro: ha frequentato di nascosto un corso di tecnica della domanda e programmazione neuro linguistica -, dicevo, ha chiesto: «Ma secondo te papà, noi abbiamo (si è fatta promotrice anche delle istanze del fratellino) tante occasioni per frequentare gli amici? Secondo te papà, visto che ci portate a scuola, ci venite a prendere, visto che a pallavolo succede la stessa cosa, visto che se c'è una festa di una compagna idem ci vado accompagnata
ecco, papà, secondo te come facciamo ad imparare frequentando gli altri se non li frequentiamo?».
E ora sono confuso. Non so che fare.
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