(...) Il Comune cercò subito di giustificarsi: «I nostri uffici hanno inviato accertamenti Ici relativi al 1999 anche a diversi enti religiosi in base a una sentenza della Corte di Cassazione. Gli uffici hanno agito per tutelare il Comune ed evitare il rischio di essere riscontrati per omissione e danno erariale». Il sindaco Pericu disse di non sapere nulla dellinvio della maxi-cartella al Don Bosco. Fu lassessore al bilancio, Luigi Liccardo, a spiegare che tutto nasceva dallinterpretazione della legge che assimila le superfici dedicate ad attività sociali e assistenziali a quelle dedicate ad attività commerciali. E per questo soggette al pagamento dellIci.
Scuole, asili, oratori o mense per i poveri - era il messaggio - vanno trattati come locali dove lutente paga per avere un servizio. Scelta che scatenò le proteste del mondo cattolico, infuriato per lo zelo dell'amministrazione genovese, una delle poche a seguire la sentenza della Cassazione. «Siamo solidali con il Don Bosco, il Comune ha male interpretato la legge» scrisse più di un circolo della Margherita. Il centrodestra in Comune e alla Regione accusò Pericu di aver compiuto un «clamoroso scivolone».
Tursi cercò di salvare la faccia. «Se gli istituti facessero ricorso alla commissione tributaria e lo vincessero, noi saremo i primi rallegrarcene» disse lassessore Liccardo. Pochi giorni dopo linvio della cartella esattoriale fu raggiunto un primo accordo fra Comune e salesiani. Tursi, in caso di ricorso vittorioso del Don Bosco, non avrebbe fatto contro-ricorso. Una scelta che però non cancellava la sostanza, i 600mila euro da pagare. Gianni Plinio di An, allora numero due della Regione, cercò di coinvolgere il governo (ministro dellEconomia era Domenico Siniscalco) perché esentasse dallIci gli istituti che si occupano di assistenza, educazione e tempo libero. Scelta che era stata bocciata dalla Cassazione ma che poi verrà riproposta dalla finanziaria del 2004, senza essere eliminata dai governi successivi.
Uno scenario influenzato anche da quando accadde a Genova. Dove alla fine il Comune si arrese.
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