Quando il Rat Pack di Sinatra cantava il sogno americano

Sulla tomba ha voluto che fosse scritto: «The best has yet to come» (Il meglio deve ancora venire) e lo seppellirono con un pacchetto di Camel ed una bottiglia di Jack Daniel's. Il 14 maggio del 1998 l’America pianse la scomparsa di Frank Sinatra, una leggenda della musica e dello spettacolo che conserva ancora oggi il sapore di un mito. Per lungo tempo, inseparabili e validi compagni di Sinatra furono Dean Martin, e Sammy Davis jr. Li chiamavano «rat pack», (gruppo di ratti) riprendendo le parole di Lauren Bacall la sera in cui li vide, assieme al marito, Humphrey Bogart, disfatti dall’alcool.
Il clima, la nostalgia di quei tempi lontani sono stati riproposti con bravura e abbondanza di aneddoti curiosi e divertenti dal giornalista spagnolo Javier Márquez nel saggio Rat Pack, (Castelvecchi editore, d'imminente pubblicazione). Non si tratta solo delle vicende di uomini di spettacolo di notevole bravura, delle loro stravaganti esistenze. Il «rat pack» ha, infatti, scritto una pagina di costume americano, di un modo di vivere, di fare spettacolo e di divertirsi in un mondo diverso e ormai lontano.
Il pregio del libro è soprattutto rievocativo. Si potrebbe sostenere, come fa l’autore del libro che due cantanti di umile origine italiana ed uno di colore, quando i pregiudizi razziali si facevano sentire, hanno realizzato il sogno americano.
Nel leggere il saggio di Márquez rivediamo Dean Martin avvicinarsi al microfono fingendosi ubriaco (ma non doveva costargli troppa fatica), risentiamo la sua voce leggermente rauca cantare That's amore o Everybody loves somebody sometimes o Sammy Davis, impareggiabile fantasista, imitatore e ballerino con l’occhio, perso in un incidente, bendato, mentre interpreta That old black magic. Una componente essenziale del clan Sinatra furono le donne. Le vedette e le ballerine facevano parte del menu, tuttavia - scrive Márquez - la donna era per loro un essere speciale, bisognava trattarla con particolare attenzione, andava protetta. «Mi piacerebbe che qualcuno provasse a farti del male per poterlo fare a pezzi», disse un giorno Sinatra a Shirley MacLaine, per dimostrarle il rispetto e l'affetto che nutriva per lei. Le sue relazioni extraconiugali non si contavano. The Voice ebbe relazioni con Anita Ekberg, Angie Dickinson, Kim Novak, Lauren Bacall (dopo che rimase vedova) e Marilyn Monroe. L'unico indistruttibile amore del cantante fu però per la «selvaggia» e passionale Ava Gardner conosciuta, nel 1949, quando lei aveva solo ventisei anni ed era già famosa e reduce da due brevi matrimoni con Mickey Rooney e con Artie Shaw. Una passione travolgente, accompagnata da violente liti, scenate di gelosia, tradimenti continui. Sinatra malgrado potesse avere qualunque donna desiderasse, non la dimenticò mai. Il rat pack si esibì l'ultima volta nel 1988. Nonostante la loro età, il pubblico li accolse con un clamore entusiastico e Sinatra, tra il fragore degli applausi, cantò New York, New York. Continuarono ad incidere dischi, fino a quando sopraggiunse la morte di Sammy Davis nel 1990. Toccò poi a Dean Martin, nel 1995. Alla fine del 1996 Sinatra fu ricoverato tre volte per una infiammazione al polmone sinistro.

Capì che la fine era vicina e ammise di fronte ai figli di non essere stato un buon padre né un buon marito, ma tornò di nuovo a casa e per prima cosa si accese una Camel e bevve un bicchiere di Jack Daniel's. Se ne andò due anni dopo, a ottantadue anni, con la soddisfazione di aver vissuto My way. A modo suo.

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