Quando il rum salva la vita ai ragazzini delle gang

Così la distilleria Santa Teresa, vittima di attentati, recupera i giovani col lavoro e il gioco del rugby

Massimo Malpica

Oltre alla lettera iniziale, rum e rugby non sembrano avere molto in comune. Ma Alberto Vollmer, 46enne venezuelano con lontane origini tedesche, non la pensa così. Si è affidato proprio alla sua passione per la palla ovale per far prosperare la sua azienda, la Santa Teresa, che da 220 anni produce rum, e che negli ultimi tre lustri s'era trovata in condizioni ambientali non proprio ideali. L'attitudine battagliera del «Re del rum venezuelano», però, ha permesso alla società di attraversare pressoché indenne gli anni in cui Hugo Chavez, salito al potere, minacciava espropri, e in un territorio - il municipio di Revenga nel nord del Paese - praticamente fuori dal controllo statale e in mano alle gang.

Così nelle bottiglie dell'ottimo rum prodotto da Vollmer ci finisce una storia che ha dell'incredibile. Ce la racconta lui stesso, a Roma per presentare il «Santa Teresa 1796», creato per celebrare il bicenterario dell'azienda, distribuita oggi da Bacardi. Comincia nel 2003, quando uno dei guardiani dell'hacienda viene aggredito da un commando di una delle bande di delinquenti che dettano legge in paese, la gang «la Placita».

Una nuova grana per Vollmer, non certo la prima. Poco dopo l'ascesa di Chavez, infatti, una mattina di febbraio del 2000, 400 famiglie povere invadono i terreni della Santa Teresa, guidate da José Omar Rodríguez, che aveva partecipato con Chavez al fallito colpo di stato del 1992. Insomma, dietro quel tentativo di «esproprio di fatto» c'è il governo. Quello che sembra l'«inizio della fine», come dice Rodríguez a Vollmer rispondendo alla richiesta di spiegazioni di quest'ultimo, è invece l'inizio della nuova vocazione della Santa Teresa. Che oltre al rum da quel giorno produce vantaggi tangibili per la comunità di Revenga. «Voi invadete le mie terre, io vi invaderò la mente con le idee», ricorda di aver replicato il re del rum. E l'«invasione delle idee» diventa la prima avventura sociale dell'azienda, il progetto urbanistico «Camino Real»: con la manodopera degli «okkupanti», i terreni di Vollmer, la supervisione dell'azienda e la benedizione del governo Chavez, vengono costruite un centinaio di case. Vollmer e Rodríguez diventano amici. E la Santa Teresa, recuperati i terreni coltivati a canna da zucchero, torna a produrre e imbottigliare rum.

Torniamo al 2003, e al malcapitato guardiano ridotto in fin di vita da tre membri di una gang che lo attirano in trappola per rubargli l'arma. Vollmer sa che chiamare la polizia non serve. Revenga, quell'anno, ha un tasso di omicidi da zona di guerra, 114 per centomila abitanti, molto peggio della media nazionale (73 su centomila), già di suo la seconda più alta del mondo. E sulle forze dell'ordine la hacienda di Vollmer non può fare affidamento. Così incarica Jimin, il suo capo della sicurezza, di cercare i tre responsabili dell'agguato.

Ci vuole qualche giorno, ma Jimin pizzica uno dei delinquenti. Alberto chiede di parlargli faccia a faccia. E gli offre due possibilità. Essere consegnato alla polizia, con ottime chance di non arrivare vivo nemmeno in cella, o lavorare tre mesi gratis per la Santa Teresa e ripagare così al danno provocato, ottenendo in cambio vitto e alloggio, e imparando un mestiere. Il giovane delinquente accetta il lavoro. E quando il capo della sicurezza becca pure il capo della banda, che era tra i tre che avevano partecipato all'aggressione, Vollmer gli fa la stessa offerta. Anche lui accetta e, anzi, rilancia, chiedendogli di poter portare «qualche amico». Il giorno stabilito, il boss «convertito» si presenta in azienda con altri 22, ossia l'intera gang della «Placita». Vollmer «assolda» tutti. Non fa una piega. Capisce di avere una grande opportunità. «Per recuperarli dovevo infondere in questi ragazzi abituati a uccidere e rubare dei valori. E ho pensato al rugby, uno sport che amo e che viene spesso definito uno sport da bestie giocato da gentiluomini. Mi sono detto che la parte bestiale era già presente, non restava che trasformarli in gentiluomini, insegnando loro rispetto, lavoro di squadra, umiltà, disciplina. E ovviamente spirito sportivo».

È l'inizio del Progetto Alcatraz. Anche la seconda gang di Revenga, invece di approfittare dell'improvviso monopolio criminale, va a bussare alle porte della Hacienda, e con tutte le cautele del caso Vollmer allarga la «rosa» dei suoi rugbisti, riuscendo persino a far rappacificare i due capi, Darwin e José Gregorio. «Li ho chiusi nella stessa stanza - racconta - e ho detto: se avete il coraggio di ammazzarvi, dovreste avere anche il coraggio di perdonarvi». Ora il primo è la guardia del corpo della famiglia Vollmer, il secondo un allenatore professionista di rugby.

E il progetto Alcatraz - con oltre 200 ragazzi di 10 bande diverse sottratti alla criminalità e fatti rinascere grazie alla palla ovale - una storia di successo: il Venezuela è ancora sul podio dei Paesi con più omicidi, a Revenga il tasso è crollato. Passando in dieci anni da 113 a 12 su centomila.

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