Da giorni attendo invano rassicurazioni e smentite dopo la ricerca dell'università di Padova, apparsa su Libero , secondo cui il pene degli italiani perde un centimetro ogni 50 anni a causa dello smog e dell'obesità. Secondo i ricercatori saremmo passati dalla media di 10 cm del dopoguerra a una media di 89 millimetri. E già misurare su base millimetrica è un brutto presagio. È esclusa la causa politica, secondo cui l'ideologia virile e megalomane del fascismo favoriva falli imperiali; poi nell'era democristiana le pudenda si accorciarono e ora, dopo i tagli dei tecnici, la larva si è ridotta a un pen driver di minima funzionalità. I ricercatori spiegano che l'inquinamento, il cibo e la ciccia modificano ghiandole e ormoni. Immagino che i cittadini delle metropoli più inquinate, dove si mangia pure nei fast food, abbiano organi sessuali lillipuziani; mentre in provincia e in campagna il gusto ci guadagna. Restano da capire due cose: se il calo riguarda solo gli italiani decaduti a latin pover; e se riguarda pure le donne, tra vagine ristrette e tette ridotte a mimose. Stando ai dati regressivi, nel giro di poche generazioni saremo depenalizzati. Il sesso si renderà irreperibile, passerà alla clandestinità e si farà solo sesso virtuale sul web. Il pene sarà ridotto a un cursore ed entrerà nei corpi femminili solo con password.
Alla farfalla di Belén il maschio latino risponderà col pungiglione di
zanzara.Per indossare profilattici serviranno microscopi di alta precisione.
Sulle mutande sorgerà una lapide in memoria.
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